Pensioni:
“Esodati” Restano “fuori pensione” in 100mila
05 marzo 2012
I soldi
stanziati dal governo per gli “esodati” non bastano già più. Il tetto di 65 mila
lavoratori sul quale i fondi (5 miliardi nei prossimi 7 anni) sono tarati
sarebbe stato infatti già sfondato, e si teme che il numero complessivo di
coloro che chiederanno di andare in pensione con le vecchie regole (gli esodati
appunto) potrebbe alla fine salire fino a circa 200 mila. Il piatto piange
dunque, tanto che anche la trattativa per la riforma degli ammortizzatori
sociali sembra essersi arenata proprio per la ristrettezza del budget, i due
miliardi promessi dal ministro Elsa Fornero per finanziare i nuovi strumenti,
non sono stati infatti ancora trovati.
Ministro del
Lavoro alle prese con un doppio problema economico quindi: da un lato la
mancanza di fondi per gli “esodati”, cioè i lavoratori che andranno in pensione
con le vecchie regole anche a riforma avvenuta, e dall’altro la difficoltà a
reperire i finanziamenti per “rinnovare” gli ammortizzatori sociali del nostro
Paese. Nel primo caso si è, probabilmente, sottostimato il numero di quanti
avrebbero avuto diritto ad usufruire delle vecchie regole per la pensione
mentre, nel secondo, il problema è quello di un bilancio che non lascia spazio a
quasi nulla. Il risultato, in entrambi i casi, è però lo stesso: non ci sono i
soldi.
Sul fronte
esodati non sono più solo i sindacati a sostenere l’esistenza del rischio,
concreto, che decine di migliaia di lavoratori restino senza stipendio e senza
pensione per effetto della riforma della previdenza. Nei giorni scorsi i tecnici
del governo si sono incontrati per valutare la situazione che è apparsa,
effettivamente, più grave del previsto. Il decreto “salva Italia” aveva
stanziato 5 miliardi in 7 anni (240 milioni per il 2013 che salgono fino a 1,2
miliardi nel 2016 per poi scendere fino a 300 milioni nel 2019), una cifra
calcolata stimando di dover mandare in pensione con le vecchie regole non più di
65 mila lavoratori: quelli che entro il 2011 hanno lasciato il posto in seguito
ad accordi sindacali (stipulati entro il 4 dicembre) di ristrutturazione
aziendale oppure per dimissioni volontarie incentivate in previsione del fatto
che, secondo il vecchio regime, erano vicini alla pensione. Stima che appare
però ora clamorosamente sottostimata. Dai primi calcoli infatti sarebbe già
stato superato lo scenario ipotizzato a regime, e da 65mila lavoratori previsti
si potrebbe arrivare sino a 200mila, quasi quattro volte tanto.
Secondo i
conti fatti in questi giorni le varie categorie di lavoratori ammesse al
beneficio (lavoratori in mobilità e mobilità lunga secondo accordi chiusi entro
il 4 dicembre 2011; a carico dei fondi di solidarietà di settore, tipo i
bancari, oppure ammessi alla prosecuzione volontaria della contribuzione sempre
entro il 4 dicembre scorso; esodati entro il 31 dicembre) hanno già prodotto
l’esaurimento del plafond previsto e produrranno a regime una valanga di
domande, perché molti lavoratori, per esempio, matureranno i vecchi requisiti di
pensionamento al termine dei 2-3 anni di mobilità. Senza contare che, secondo un
ordine del giorno al Milleproroghe presentato da Cesare Damiano (Pd), ma
condiviso anche da Pdl e Udc, il governo dovrebbe spostare dal 4 al 31 dicembre
anche il termine per gli accordi sindacali sugli esuberi, il che allargherebbe
di molto la platea.
A questo si
aggiunge poi che la trattativa sulla riforma del mercato del lavoro si è arenata
proprio sulla difficoltà di trovare risorse strutturali per l’estensione degli
ammortizzatori sociali. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, aveva messo sul
piatto 2 miliardi di euro strutturali, cioè non una tantum, dal 2017. Ma proprio
sul reperimento di questi fondi si è arenata la trattativa con le parti sociali,
rimandata a data da destinarsi in attesa che i tecnici trovino dove “pescare”
questi soldi. Soldi che, tra l’altro, non è nemmeno detto che siano sufficienti
per introdurre una cassa integrazione per tutti i lavoratori di aziende in crisi
congiunturali e un sussidio di disoccupazione per tutti coloro che
involontariamente perdono il lavoro. Cancellando la cassa straordinaria e quella
in deroga e anche l’indennità di mobilità.
Anche
sperando però che la cifra di 2 miliardi sia sufficiente, rimane comunque
complesso reperirla. Potrebbe ricavarsi attraverso la cosiddetta spending
rewiev, che punta a ridurre gli sprechi della spesa pubblica, oppure dal
riordino del sistema delle agevolazioni fiscali e contributive. Vie, in
particolare la prima, da cui si potrebbe ricavare molto, ma non certo
facilmente. Altra strada potrebbe poi essere quella di utilizzare una parte dei
proventi della lotta all’evasione fiscale. Proventi che, però, il governo ha già
promesso di destinare alla riduzione del carico fiscale sul lavoro
dipendente.
di Alessandro Camilli
(Leggi)
Se vogliono, la copertura finanziaria si trova, basta solo un pò di buon senso.....già il buon senso ....chi è costui ?
RispondiEliminaegoser52
Fate togliere da questi 100 mila gli esodati POSTALI facendo annullare l'accordo, POSTE NON E' AZIENDA IN CRISI, sarebbe meglio
RispondiEliminaanche per gli altri esodati.
non costruire la tav
RispondiEliminaInutile dare consigli inutili.
RispondiElimina"I lor signori" sanno dove trovare la copertura finanziaria.
Forse, non vogliono trovarla, ma sanno dove attingere.
Che facciano una paatrimoniale seria. Si trovano cavilli solo quando si tratta di pescare i soldi nelle tasche di chi ce li ha. Questo non è un paese per poveri! O sei ricco, o ti ammazzano.
RispondiEliminaMa una volta per tutte ,perchè tutte le sigle sindacali non sono compatte e proclamare uno sciopero generale a favore degli esodati, che da come dicono sono oltre duecentomila e portati alla disperazione, senza stipendio e senza pensione.
RispondiEliminasono d'accordo con voi tutti,la ministra fornero e solamente,
RispondiEliminaun macellaio/a di ul tima categoria!con tanto rispetto per i signori
macellai,che almeno loro sanno dove tagliare!!!postale esodato incazzatissimo poste catania 1952.