06/05/2013 | Repubblica |Dell’Aringa: “Pensionamento flessibile o rischiamo una valanga di esodati”
ROMA
— «Ad un certo punto bisognerà tracciare una linea altrimenti tutti i lavoratori più anziani che perdono il lavoro e non possono accedere al pensionamento saranno considerati esodati». Carlo Dell’Aringa, sottosegretario al Lavoro, professore di economia politica alla Cattolica di Milano, dice di fatto che il cantiere previdenza andrà riaperto. D’altra parte era stato lo stesso premier Enrico Letta a prospettare una soluzione «strutturale » per i cosiddetti esodati illustrando il programma del governo in Parlamento.
Non ritiene sufficiente la soluzione adottata nella scorsa legislatura con la salvaguardia dei lavoratori che via via si ritroveranno in una condizione di esodato?
«C’è il rischio di considerare esodato chiunque non possa andare
in pensione con le vecchie regole. Gli esodati sono un prodotto della riforma, che tra l’altro ha determinato pure una forte disparità di trattamento, ma ci deve essere un momento in cui si volta pagina ».
Come?
«Introducendo una flessibilità in uscita verso il pensionamento. Già oggi, per esempio, è previsto che le donne lavoratrici possano andare in pensione prima dei 62 anni con una penalizzazione sul trattamento. Potrebbe essere esteso questo meccanismo a tutti coloro che hanno perso il lavoro. Bisogna prendere atto con realismo che con l’ultima riforma, ma pure con i provvedimenti precedenti, si è aperta una falla sociale spaventosa. E bisogna fare di tutto perché con gli anziani che rimangono di
più al lavoro e con un’economia che non cresce, non ci sono opportunità di lavoro per i giovani. Consideri che negli ultimi anni l’occupazione nella fascia di età over 55 è aumentata di 400 mila unità».
L’effetto tra esodati e giovani disoccupati rischia di trasformarsi in una bomba sociale. Il governo ne è consapevole?
«Io mi rendo conto che quando è stata approvata la riforma l’Italia era a un passo del fallimento, ma forse bisognava tener presenti anche le conseguenze sociali e occupazionali di quella legge in una fase di congiuntura negativa. Probabilmente si dovevano prendere 7/8 miliardi da altre parti. Consideri che il Cnel stima per i prossimi 5/6 anni un aumento di un milione e 300 mila posti occupati da lavoratori anziani. Tutti lavoratori che
sarebbero stati pensionati in un mercato del lavoro che registra due milioni di giovani che non studiano né lavorano, in cui cresce la quota di donne istruite in cerca di occupazione. È giusto ripetere, comunque, che questo è l’effetto delle continue riforme che sono state fatte negli ultimi decenni».
A parte il ritorno a un pensionamento flessibile, cos’altro di può fare?
«Si può incentivare la staffetta tra lavoratori anziani e giovani con forme di part time. E poi se al lavoratore si chiede di lavorare più a lungo dobbiamo incentivare la imprese a tenersi più a lungo quel lavoratore. È l’esempio dell’invecchiamento attivo che ci viene dall’Europa e che dobbiamo copiare». (r. ma.)
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