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venerdì 15 maggio 2020

Damiano: legittima larichiesta di salvaguardia dei 6.000 esodati

Pensioni, ultime su esodati, quota 41 e decreto rilancio: intervista a Damiano

  • Abbiamo il piacere di ospitare sul nostro sito Cesare Damiano, già ministro del Lavoro e dirigente del partito democratico, che si é gentilmente confrontato con noi, in questa intervista in esclusiva, su temi che stanno particolarmente a cuore ai cittadini in attesa da giorni del decreto rilancio, finalmente approvato, e della ripartenza degli incontri tra Governo e sindacati al fine di riaprire il capitolo previdenziale.
    L’onorevole Damiano non ha mancato di sottolineare come nell’attuale decreto rilancio vi sia insito il fine di tutelare i più deboli, i maggiormente colpiti da questa pandemia: lavoratori, imprese e famiglie. Per questa ragione, se lo scopo è non ‘lasciare indietro nessuno’, ritiene doveroso rilanciare la richiesta del Comitato Esodati in quanto il Governo non può e non deve dimenticare gli ultimi 6.000 cittadini rimasti fuori da ogni tutala e dalle precedenti otto salvaguardie. Inoltre sarebbe bene, alla riapertura del capitolo previdenziale, ampliare la platea dei lavori maggiormente gravosi o pericolosi, includendo, ora ad esempio, quelli più esposti al virus; ha altresì ribadito con forza come sia fondamentale permettere al lavoratore di poter uscire anticipatamente dal mondo del lavoro, già a partire dai 62 anni d’età a fronte, per taluni, di una penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo o con 41 anni di contributi.  Eccovi l’interessante intervista che ne é emersa
    Decreto rilancio e pensioni, gli esodati non possono restare esclusi
    Gentilissimo onorevole Damiano, é stato finalmente approvato il ‘Decreto Rilancio’che prevede uno stanziamento considerevole per far fronte agli effetti determinati dalla pandemia su famiglie, imprese e lavoratori. Si parla di circa 55 miliardi, a tal proposito, ieri la rappresentante del Comitato 6.000 esodati esclusi ha lanciato un appello a Misiani ed all’intero Governo segnalando come ci si stia nuovamente dimenticando di una categoria esausta non solo a causa del Covid 19 ma da 8 anni di attesa di giustizia previdenziale, stiamo parlando degli esodati. La Stojan ha esplicitamente chiesto tutela per queste 6.000 persone e la riapertura dell’ottava salvaguardia. Come reputa tale richiesta?
    Il Governo ha approvato il “Decreto Rilancio” che prevede uno stanziamento di 55 miliardi a favore di imprese, lavoratori e famiglie, al fine di far fronte agli effetti della pandemia. Noi abbiamo sempre insistito su alcuni criteri: la velocità delle erogazioni, dai bonus alla Cassa Integrazione; l’inclusione di tutti, soprattutto dei soggetti più deboli; la durata degli interventi, almeno per tutto il 2020; la destinazione di risorse a fondo perduto per la riapertura delle aziende, in particolare di quelle piccole e micro. In questa logica, troviamo del tutto legittima e fondata la richiesta del Coordinamento dei lavoratori esodati di risolvere conclusivamente la loro situazione.
    Si tratta di circa 6.000 persone che non hanno nè stipendio nè pensione perché non sono rientrate nelle 8 salvaguardie previdenziali. Si tratta delle ultime vittime della legge Monti-Fornero: ricordo che con le salvaguardie circa 150mila lavoratori sono stati mandati in pensione, con uno stanziamento complessivo di 11 miliardi di euro. Adesso si tratterebbe di compiere l’ultimo passo. Se il Governo trascura questa situazione commette un errore e non tutela tutti i più deboli.
    Riforma pensioni, il Covid 19 quanto ha inciso e cosa cambierà?
    A suo avviso per quanto concerne la questione previdenziale, al momento in standby, cos’ha messo in luce questa pandemia e quanto di quello che involontariamente questo virus ci ‘ha insegnato’ potrebbe trovare posto nella stesura della prossima riforma delle pensioni?
    La pandemia da Coronavirus ha fatto balzare in evidenza la questione della prevenzione e dell’impatto dell’emergenza sanitaria sulla salute dei lavoratori. In questa ottica la questione di una riforma della previdenza, momentaneamente accantonata e della quale sarebbe necessario occuparsi nuovamente, va concepita in una logica nuova e non più separata dalla definizione di uno standard di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, resa ancora più evidente dall’attuale pandemia.
    Non si tratta, quindi, di produrre un aggiustamento, al costo più basso possibile, delle storture dell’attuale modello previdenziale, ma di proporre la riscrittura del profilo delle tutele sociali del nostro Paese in grado di prevenire anche le situazioni di emergenza come l’attuale, mettendo al riparo soprattutto i soggetti che si sono rivelati più fragili. Passare da un sistema rigido (Monti-Fornero) a uno flessibile che privilegi l’uscita anticipata dal lavoro, soprattuto di chi svolge non solo i lavori usuranti e gravosi, ma anche di chi è maggiormente esposti al contagio, è anche il modo con il quale diminuire l’esposizione al rischio di chi supera una certa soglia di età ed è più fragile di altri, come ci rileva l’attuale pandemia.
    Pensioni 2020: ok quota 41 e uscita dai 62 con penalizzazione ma non per tutti
    Quindi quali dovrebbero essere, a suo avviso, gli argomenti fondamentali di discussione da cui ripartire nel prossimo tavolo di confronto col Governo? I sindacati hanno proposto come punti cardine negli incontri pre covid 19: la flessibilità in uscita dai 62 anni, la quota 41 per i lavoratori precoci indipendentemente dall’età e un occhio di riguardo ai giovani, che rischiano di non poter avere pensioni dignitose a causa dei lavori precari e intermittenti che svolgono. Si trova concorde con tali richieste?
    Gli argomenti fondamentali di discussione, quando si parla di pensioni, ruotano attorno a un criterio di flessibilità che consenta l’uscita anticipata dal lavoro. Inoltre, questo argomento non può essere disgiunto da quello dei giovani, ai quali assicurare un risultato previdenziale dignitoso nonostante l’attuale discontinuità che caratterizza il mercato del lavoro delle giovani generazioni. Sul primo punto, come ha evidenziato lei, i sindacati hanno avanzato molte richieste; tra queste, la fissazione di 41 anni di contributi come misura sufficiente ad andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica. Si tratta dei cosiddetti lavoratori precoci, cioè di coloro che hanno cominciato a lavorare tra i 15 e i 20 anni. In secondo luogo un’uscita flessibile a partire dai 62 di età.
    A questo proposito la nostra opinione è molto semplice: nel caso delle normali attività l’anticipo pensionistico può essere collegato a una penalizzazione (ad esempio il 2% per ogni anno anticipato). Nel caso di lavori usuranti o gravosi o esposti a rischi di contagio non ci dovrebbe essere penalizzazione. Questa misura, a differenza di quello che è avvenuto con Quota 100, dovrebbe diventare strutturale. Per noi si impone un tema: rivedere e ampliare l’elenco delle attività gravose e usuranti.
    Riforma pensioni: fondamentale ampliare elenco attività gravose e usuranti
    Cosa dovrebbe tenere conto l’elenco delle attività gravose e usuranti che lei ha in mente, quali dovrebbero rientrarvi ‘di diritto’?
    Penso non solo all’inclusione di categorie precedentemente escluse (come il caso dell’edilizia), ma anche a nuovi inserimenti di attività lavorative che, nella pandemia, sono apparse come particolarmente esposte.
    A questo proposito è opportuno segnalare il fatto che l’U.S. Department of Labor, Employment and Training Administration, ha individuato le categorie di lavoratori maggiormente a rischio: dagli igienisti dentali ai cassieri, per fare un esempio. È dunque evidente che nella riscrittura delle mansioni meritevoli di un anticipo pensionistico, occorrerà intrecciare le attività usuranti e gravose con quelle esposte a rischio contagio.
    La prevenzione si può dunque esercitare attraverso buone pratiche, ad esempio quelle definite dalle parti sociali per la ripresa produttiva-Fase 2, e con l’accesso anticipato alla pensione attraverso un collegamento tra l’esposizione al rischio e l’età del lavoratore.

    Ringraziamo l’onorevole Cesare Damiano per il tempo dedicatoci e per la lunga intervista che ci ha concesso, ricordiamo a chiunque volesse riprendere parte dell’intervista che, trattandosi di esclusiva, é tenuto a citare la fonte.
    (Leggi)

    venerdì 1 maggio 2020

    Ciò che serve è la Salvaguardia per i restanti 6.000 esodati

    Riforma pensioni, ultime notizie
    Il ‘piano Fornero’ per il contributo di solidarietà 

    Logo_IlsussidiarioRiforma pensioni, il “piano Fornero” per il contributo di solidarietà e la vera proposta dell’ex Ministra per uscire dalla crisi
    PIANO FORNERO PER TAGLIO PENSIONI 
    Dopo l’intervento a DiMartedì dell’ex Ministra Elsa Fornero, ha fatto discutere e non poco la potenziale proposta di taglio pensioni attuata dalla titolare dell’ultima imponente riforma pensionistica dell’età recente in Italia: «Se vogliamo essere proprio realistici possiamo pensare che alle pensioni molto alte possano essere richieste di un nuovo contributo di solidarietà» spiegava la Fornero per allontanare il rischio di ogni taglio previdenziale agli assegni medio-basi. Secondo la stessa ex Ministra del Governo Monti anche il contributo in realtà sarebbe alquanto improbabile visto che tante volte negli ultimi anni si è assistito ad un taglio delle pensioni alte, ma non per questo elimina la possibilità: «Lavorare e produrre» questa la soluzione per la crisi secondo la Fornero che dunque esclude aumento tasse o «intervenire tagliando le entrate su cui oggi contano gli italiani, poiché solo così si può mantenere occupazione, redditi e anche le pensioni». (agg. di Niccolò Magnani)

    RIFORMA PENSIONI, L’ISTANZA DEGLI ESODATI ESCLUSI
    Durante la trasmissione Tg3 Fuori Tg andata in onda martedì scorso, con ospite Alessia Morani, sottosegretaria allo Sviluppo economico, si è tornati a parlare del problema dei circa 6.000 esodati ancora privi di una salvaguardia, nonostante gli interventi di riforma pensioni che si sono susseguiti negli anni. La deputata del Pd ha ricordato che con il decreto aprile verrà varato un reddito di emergenza che servirà anche a garantire delle risorse a quanti sono senza lavoro e ammortizzatori sociali come gli esodati. Parole che non sono piaciute al Comitato 6.000 esodati esclusi.
    LE PAROLE DI GABRIELLA STOJAN
    L’amministratrice Gabriella Stojan, sulla pagina Facebook del Comitato stesso, ha infatti scritto che il “Governo non può avere il coraggio di pensare di rifilare agli ultimi Esodati – cittadini ex lavoratori onesti, abbondantemente over 60 che sono già stati derubati chi di 1, chi di 2, chi di 3 anni di pensione, una miseria una tantum di 500-600 euro mentre nel frattempo stanzia carrettate di decine di miliardi per le platee più disparate. Quella che ci spetta non è una miserabile elemosina, ma la nostra dovuta pensione!”. Parole dure, che vengono usate anche nel dire: “Questo governo cosa intende aspettare ancora? Che il Covid19 seppellisca gli ultimi 6.000 esodati vergognosamente abbandonati anche in questa situazione di pandemia?”. La richiesta resta quindi sempre la stessa: la riapertura dell’ottava salvaguardia, tra l’altro già promesso al termine della scorsa legislatura, ma mai approvata, nonostante i cambi di governo.