Presentate in Commissione Lavoro della Camera due risoluzioni per chiedere un nuovo intervento di salvaguardia pensionistica. Obiettivo tutelare soprattutto le ex lavoratrici delle Poste.
Riaprire il capitolo delle salvaguardie pensionistiche dato lo scarso utilizzo dei posti e delle risorse stanziate con l'ultima legge di bilancio in occasione dell'ottava salvaguardia. Con l'obiettivo di tutelare in particolare le lavoratrici postali che più degli altri hanno subito i danni della Legge Fornero. E' quanto chiedono due risoluzioni presentate questa settimana in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati dai deputati Simonetti e Rizzetto per impegnare il Governo a tornare sul tema "salvaguardia" finito in secondo piano dopo l'approvazione dell'Ape sociale.
In particolare, sarebbero state escluse dalla salvaguardia, pur avendone diritto, un gruppo di donne esodate cosiddette «postali», della cui categoria non vi è ancora una quantificazione certa sebbene vi siano tutti gli strumenti per individuarla (vi è una stima sommaria che censisce le lavoratrici attorno alle 40 unità). In data antecedente il 15 luglio 2011, le esodate in questione avrebbero sottoscritto con Poste Italiane spa accordi di incentivo all'esodo, facendo affidamento alla normativa vigente alla data degli accordi che prevedeva il raggiungimento del diritto previdenziale al compimento dei 60 anni. Le dimissioni sarebbero state la conseguenza del piano industriale di Poste Italiane, finalizzato ad una riduzione dei costi e attuato attraverso due differenti tipologie di accordi: una denominata «progetto Mix» che prevedeva l'assunzione di un figlio con contratto a tempo indeterminato e la contestuale risoluzione del rapporto di lavoro del genitore, l'altra, con accordo all'esodo, incentivato con una somma monetaria, appena sufficiente a soddisfare il minimo vitale e rapportata all'arco temporale intercorrente tra la risoluzione e la maturazione del requisito anagrafico per accedere all'assegno pensionistico.
Queste lavoratrici non sono entrate in salvaguardia perchè la decorrenza della pensione, calcolata con le previgenti regole, si colloca dopo il 6 gennaio 2019 a causa del progressivo innalzamento dell'età pensionabile previsto dalla legge 111/2011 e dagli effetti controversi della speranza di vita. Una beffa, ricordano nella risoluzione, perchè l'esigua contribuzione, persino inferiore ai 30 anni, è sufficiente per l'accesso alla pensione di vecchiaia ma non consente loro di aderire al regime sperimentale di opzione donna, nè alla cosiddetta APE Social anche in caso di sua proroga. Dunque una sorta di limbo dal quale non c'è via di uscita. La questione ha trovato la disponibilità dell'Onorevole Gnecchi (Pd) che ha preannunciato la prossima presentazione di una risoluzione sul tema anche da parte del PD.
Un nuovo provvedimento di salvaguardia, una nona salvaguardia pensionistica, potrebbe dunque riaffacciarsi entro la fine dell'anno, in occasione della legge di bilancio per il 2018. Del resto, come hanno osservato anche i sindacati, gli ultimi dati del monitoraggio dell'INPS aggiornato al mese di settembresull'andamento delle domande di accesso all’«ottava salvaguardia» confermano che, rispetto alle domande effettivamente presentate e accolte o ancora pendenti, le risorse destinate al finanziamento di tale provvedimento – come spesso accaduto in passato – sono state sovradimensionate. Solo poco più di 13 mila domande su oltre 30.700 posti disponibili sono state concretamente accolte. Dunque lo spazio per un provvedimento conclusivo che tuteli i lavoratori che maturino la decorrenza sino al 6 gennaio 2021 (data chiesto sin dall'inizio dai Comitati degli Esodati) potrebbe essere individuato. La palla è ora in mano della Politica.
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