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lunedì 20 novembre 2017

Un fantasma


A 60 anni senza lavoro né pensione:
"Sono un’esodata, un fantasma"
Gabriella, l’ex Pr colpita dalla legge Fornero mentre era in ospedale
Pubblicato il 19 novembre 2017 


 Gabriella Stojan è nata e cresciuta a Milano (Newpress)di SIMONA BALLATORE simona.ballatore@ilgiorno.net
Milano, 19 novembre 2017 - - «Siamo stati i bancomat dello Stato e ora non abbiamo più voce in capitolo, si sono dimenticati di noi». Gabriella Stojan, milanese dalla nascita, ha 60 anni ed è ancora nel limbo: un lavoro non lo trova più e dal 2012 si è vista spostare la pensione di anno di anno. Secondo gli ultimi calcoli le mancano ancora sette anni. «Sette anni di inferno», ricorda lei. Ha perso il lavoro nel 2010 per colpa di un incidente stradale che la catapultò fuori dall’ufficio per più di sei mesi: malattia lunga, lettera di licenziamento. Nel 2011 è finito l’unico anno di disoccupazione, la Legge Fornero passò l’anno successivo, dalla notte alla mattina, mentre lei era sdraiata in un letto aspettando l’ennesimo intervento. «Quella legge mi ha portato via ogni cosa», sottolinea Stojan che ha iniziato a lavorare nel 1977 per aziende che si occupavano di pubbliche relazioni, organizzazioni di eventi e fiere.
«Quando ho cominciato io, le donne andavano in pensione a 55 anni, oggi ne ho 60 e sono qui senza reddito, non ho un lavoro né la pensione. Mi sento tradita dallo Stato», ripete. Di anni ne ha accumulati 27, dovrebbe arrivare a 35, ma senza impiego deve sperare nella pensione di vecchiaia. Di curriculum ne ha mandati parecchi. Aveva sperato anche in impieghi temporanei e nell’’Expo. Lei che conosce tre lingue si aggrappava a quella promessa: posti riservati a disoccupati, a over 50. «Ma chi li ha visti?», scuote la testa davanti alle porte chiuse in faccia. «Non ha più mercato, mi sono sentita dire, per forza, dovrei essere in pensione». Anche l’ultima operazione di «salvaguardia», l’ottava dalla legge Fornero, si è chiusa con due parole dell’Inps: «domanda respinta». Rabbia e disperazione negli occhi di chi ha dovuto bussare alla mensa dei poveri, chiedere pacchi viveri in parrocchia. Di chi ogni mese deve fare i conti con le bollette scadute.
«La mia generazione fa da ponte fra i figli da accudire e i genitori anziani, ma quel perno, su cui ruota l’impalcatura è venuto giù. Ed è stato un massacro sociale. È una vita insostenibile: se esci dal lavoro non rientri più e non voglio vivere tutta la vita sulle spalle di altri». Mai e poi mai avrebbe pensato di finire nel limbo: «Hanno in ostaggio i nostri soldi, mi sento come se avessi davanti il bastone con la carota, io continuo a camminare ma la carota si sposta sempre più in là. La gente non pensa più agli esodati, pensa che la situazione sia risolta e, con alcune salvaguardie, hanno spaccato il fronte, ma c’è sempre chi resta fuori. Abbiamo la sensazione di essere invisibili, ma eccoci qua».
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