
Prot.
Inca n. 61
1.2 Pensione di anzianità in regime sperimentale per le lavoratrici (art. 1, c. 9, della legge 243/2004)
1.3 Lavoratrici e lavoratori dipendenti che maturano, entro il 31.12.2012, i requisiti in vigore al 6.12.2011 (art.24, c.15-bis, legge 214/2011)
1.4 Extracomunitari rimpatriati
1.5 Requisito contributivo per l’accesso alla pensione anticipata (art. 24, comma 10 della legge 214/2011)
1.6 Dipendenti delle autonomie locali in esonero dal servizio sulla base di leggi regionali.
2.2 Autorizzati alla prosecuzione volontaria: previsione delle ulteriori condizioni di decorrenza della pensione, di non ripresa di alcuna attività lavorativa, del contributo volontario accreditato al 6.12.2011
2.3 Cessati sulla base di accordo all’esodo individuale o collettivo: ulteriore condizione di nessuna rioccupazione successiva alla cessazione
3.2 Riduzione dell’importo della pensione retributiva liquidata ad età inferiore a 62 anni a categorie di lavoratori con speranza di vita ridotta
3.3 Inclusione nel numero dei potenziali beneficiari della salvaguardia dei lavoratori collocati in mobilità lunga sulla base di precedenti norme derogatorie
3.4 Adeguamento dei requisiti per il diritto a pensione per i soggetti collocati in mobilità o cessati sulla base di accordi di mobilità o all’esodo individuale o collettivo antecedentemente all’entrata in vigore della legge che ha introdotto l’adeguamento dei requisiti in relazione all’incremento della speranza di vita
3.5 Mancata previsione di un innalzamento graduale dei requisiti anagrafici e contributivi per la pensione di vecchiaia e di anzianità per le lavoratrici ed i lavoratori prossimi a pensione.
Gli
effetti negativi prodotti dalla legge 214/2011, dalla legge 14/2012 e dal decreto ministeriale del 1°
giugno 2012: alcune questioni di
contenzioso
Dipartimento
Welfare e nuovi diritti CGIL
Rita Cavaterra e Sandro Del
Fattore
Area
Previdenza e Assistenza INCA-CGIL
Giuliano Ferranti e Luigina
De Santisù
Premessa
L’art. 24 del decreto legge
201/2011, convertito con modificazioni in legge 214/2011, ha ridefinito in modo
strutturale l’assetto pensionistico sostituendo le pensioni di vecchiaia, di
vecchiaia anticipata e di anzianità con la pensione di vecchiaia e con la
pensione anticipata. Di fatto sono state abolite le pensioni di anzianità con
le quote, sono stati aumentati notevolmente i requisiti contributivi per
conseguire la pensione anticipata a prescindere dall’età e sono stati incrementati
i requisiti anagrafici per conseguire la pensione di vecchiaia, in particolar
modo per le lavoratrici del settore privato.
Il legislatore senza prevedere
alcuna gradualità, ha deciso di innalzare bruscamente i requisiti per la
generalità dei lavoratori e mantenere, solo per alcune specifiche categorie di
lavoratori (definite categorie più deboli) e nei limiti di predeterminate
risorse, la possibilità di accedere a pensione sulla base dei previgenti
requisiti, anche se perfezionati dopo il 31.12.2011.
Per effetto del repentino
incremento dei requisiti e per l’assenza della previsione di un periodo
transitorio il diritto a pensione è stato differito, in molti casi, anche, di
5/6 e più anni rispetto alla precedente normativa.
A causa delle risorse finanziarie
limitate e dell’esclusione dalle norme derogatorie di diverse categorie
particolarmente deboli quali ad esempio i disoccupati di lungo periodo, i
licenziati con provvedimento unilaterale e senza ammortizzatori sociali, i
dimissionari per giusta causa, molti lavoratori si trovano già e tanti altri si
verranno a trovare in situazioni estremamente drammatiche: senza stipendio,
senza ammortizzatori e senza pensione per diversi anni. Inoltre, a causa di
alcune interpretazioni restrittive date dall'INPS (anche a seguito di
specifiche indicazioni del Ministero del Lavoro) tante lavoratrici e lavoratori
potrebbero ritardare o addirittura non conseguire il diritto a pensione.
Il Dipartimento Welfare della
Cgil e l’Area Previdenza dell’Inca nazionale, nel tentativo di trovare una
soluzione, sul versante del contenzioso, per le lavoratrici ed i lavoratori che
si trovano in situazioni estremamente critiche, hanno esaminato con i
consulenti legali del patronato e della confederazione gli aspetti maggiormente
problematici derivanti dall’applicazione della legge 214/2011 con l’obiettivo di elaborare un
documento comune, da mettere a disposizione dell’organizzazione a tutti i
livelli, con le varie indicazioni di contenzioso da proporre, in alcuni casi,
sotto il profilo interpretativo, in altri, per eccesso di delega ed in altri
ancora sotto il profilo della legittimità costituzionale.
La gestione del contenzioso, di
competenza Inca, deve essere comunque basata sulla prudenza, sia per evitare di
esporre i lavoratori ad una possibile condanna alle spese, che per favorire gli
esiti positivi delle problematiche individuate.
Suggeriamo, pertanto, di
effettuare una attenta e prudente selezione delle casistiche che meglio si
prestano ad evidenziare l’assurda drammaticità degli effetti negativi prodotti
dalle nuovi disposizioni di legge sui lavoratori.
Inoltre, anche in considerazione
delle ricadute che gli esiti del contenzioso possono avere sulla trattazione di
analoghe situazioni riteniamo opportuno che il contenzioso sui temi elencati
nella presente circolare venga sviluppato d’intesa con i consulenti legali
dell’INCA e della CGIL nazionali. Ovviamente, la gestione della domanda
iniziale, del ricorso amministrativo e dell’eventuale ricorso giudiziale è di
competenza esclusiva dell’INCA, il patronato della CGIL. Per questo vi
invitiamo sin dalla proposizione del ricorso in primo grado a prendere contatto
con l’area previdenza dell’Inca Nazionale.
Con la presente nota affrontiamo
i temi di contenzioso individuati ed
approfonditi, insieme ai consulenti legali CGIL e INCA, suddivisi per
tipologia: questioni di carattere interpretativo, eccesso di delega, questioni
di costituzionalità.
Indice dei temi di contenzioso
1. Interpretazioni restrittive
da parte dell’Inps e del Ministero
1.1 Autorizzati alla prosecuzione volontaria prima del
20.7.2007 (art.1, c. 8, della legge 243/2004, modificata dalla legge 247/2007) 1.2 Pensione di anzianità in regime sperimentale per le lavoratrici (art. 1, c. 9, della legge 243/2004)
1.3 Lavoratrici e lavoratori dipendenti che maturano, entro il 31.12.2012, i requisiti in vigore al 6.12.2011 (art.24, c.15-bis, legge 214/2011)
1.4 Extracomunitari rimpatriati
1.5 Requisito contributivo per l’accesso alla pensione anticipata (art. 24, comma 10 della legge 214/2011)
1.6 Dipendenti delle autonomie locali in esonero dal servizio sulla base di leggi regionali.
2. Eccesso di delega del decreto
ministeriale del 1° giugno 2012, di attuazione dell’art. 24 della legge 214/2011
2.1 Lavoratori in mobilità ordinaria e lunga: vincolo
della cessazione entro il 4.12.2011 2.2 Autorizzati alla prosecuzione volontaria: previsione delle ulteriori condizioni di decorrenza della pensione, di non ripresa di alcuna attività lavorativa, del contributo volontario accreditato al 6.12.2011
2.3 Cessati sulla base di accordo all’esodo individuale o collettivo: ulteriore condizione di nessuna rioccupazione successiva alla cessazione
3. Questioni di costituzionalità
3.1 Esclusione di alcune categorie di lavoratori deboli
dai potenziali beneficiari delle norme derogatorie 3.2 Riduzione dell’importo della pensione retributiva liquidata ad età inferiore a 62 anni a categorie di lavoratori con speranza di vita ridotta
3.3 Inclusione nel numero dei potenziali beneficiari della salvaguardia dei lavoratori collocati in mobilità lunga sulla base di precedenti norme derogatorie
3.4 Adeguamento dei requisiti per il diritto a pensione per i soggetti collocati in mobilità o cessati sulla base di accordi di mobilità o all’esodo individuale o collettivo antecedentemente all’entrata in vigore della legge che ha introdotto l’adeguamento dei requisiti in relazione all’incremento della speranza di vita
3.5 Mancata previsione di un innalzamento graduale dei requisiti anagrafici e contributivi per la pensione di vecchiaia e di anzianità per le lavoratrici ed i lavoratori prossimi a pensione.
1. Interpretazioni restrittive
da parte dell’Inps e del Ministero
Premessa
Alcune disposizioni di legge,
come il Decreto legislativo 503/1992, che ha aumentato il requisito
contributivo da 15 a 20 anni per maturare il diritto a pensione di vecchiaia e
la legge 243/2004, modificata dalla legge n. 247/2007, che ha aumentato i
requisiti di età anagrafica e di anzianità contributiva per l’accesso alla
pensione di anzianità, hanno previsto per alcune specifiche categorie di
lavoratori ed a determinate condizioni la possibilità di conseguire la pensione
di vecchiaia o di anzianità sulla base dei requisiti vigenti prima della loro
entrata in vigore.
Tali deroghe, non essendo
mai state abrogate espressamente, hanno
continuato ad esplicare la loro efficacia anche dopo ulteriori modifiche in
ambito pensionistico apportate da successivi interventi legislativi.
L’Inps con circolare n.
35/2012 (dietro parere espresso dal
Ministero del lavoro) aveva ritenuto tacitamente abrogato anche l’art. 2, comma
3, del Decreto Legislativo 503/1992,che prevede il mantenimento, per i
lavoratori che si trovano in determinate condizioni, del requisito contributivo
di 15 anni per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia. Anche a seguito di nostre insistenti pressioni, il
Ministero del lavoro è stato costretto a cambiare la sua posizione, di
conseguenza l'INPS, con circolare del 1° febbraio 2013 n. 16, commentata
con nota della CGIL del 4.2.2013 e
circolare INCA n. 16 del 6.2.2013, ha chiarito che, dopo gli approfondimenti
effettuati di concerto con i Ministeri vigilanti, le disposizioni di cui
all’art. 2, comma 3, del d.lgs 503/1992 continuano ad operare, in quanto non
espressamente abrogate dall’art. 24 della legge 214/2011, anche dopo il 2011.
Altre norme derogatorie, invece,
dopo l’entrata in vigore della legge 214 sono state considerate tacitamente
abrogate, a nostro avviso senza valide motivazioni.
1.1 Autorizzati alla prosecuzione volontaria prima del
20.7.2007 (art. 1, c. 8, della legge 243/2004, modificata dalla legge 247/2007)
L’art. 1 comma 8, della
legge 243 del 2004, come modificato
dall’art. 1, della legge 247/2007, ha previsto, per i lavoratori autorizzati
alla prosecuzione volontaria antecedentemente al 20 luglio 2007, la possibilità
di continuare a conseguire la pensione di anzianità sulla base delle
disposizioni previste dalla previgente normativa.
Per effetto di tale
disposizione, fino all’entrata in vigore della legge 214/2011 detti lavoratori, dipendenti ed
autonomi, continuavano a conseguire il diritto a pensione di anzianità con 35
anni di anzianità contributiva e con almeno 57 anni di età, se dipendenti, o 58
anni se autonomi.
Il comma 14 dell’art.24 della
legge 214/2011 ha poi previsto per gli
autorizzati alla prosecuzione volontaria antecedentemente alla data del 4
dicembre 2011 la possibilità di continuare ad andare in pensione sulla base dei
requisiti vigenti al 6.12.2011.
Mentre la deroga contenuta nella
legge 243/2004 poneva come unica condizione la sola data di autorizzazione
(prima del 20.7.2007), l’ultima disposizione, invece, condiziona il diritto a
predeterminate risorse finanziarie e ad un limite numerico, fissato poi dal
previsto decreto ministeriale di attuazione (DM del 1° giugno 2012) in 10.250
unità.
L’art. 24, comma 14, legge
214/2011, come interpretato dall’Inps e dal Ministero del lavoro, condiziona il
diritto alla pensione di anzianità per i soggetti ammessi alla prosecuzione
volontaria prima del 20.7.2007, alla maturazione dei requisiti richiesti (57
anni di età e 35 di contribuzione per i lavoratori subordinati; 58 anni di età
e 35 di contribuzione per i lavoratori autonomi) entro il 31.12.2011.
Abbiamo posto ai consulenti
legali il quesito, se i soggetti destinatari dell’art. 1, comma 8, della legge 243/2004, nel testo risultante
dalle modifiche introdotte con la legge 247/2007, abbiano perfezionato un diritto
soggettivo perfetto ad accedere al trattamento di anzianità, ovvero se questo
diritto possa essere limitato e condizionato da una norma successiva.
A loro avviso, con l’art. 1,
comma 8, della legge 243 del 2004, il legislatore –nel contesto di una legge
che ha aggravato i requisiti di accesso alla pensione di anzianità –ha ritenuto
di eccettuarvi una categoria di soggetti: quelli ammessi alla prosecuzione
volontaria in data anteriore all’entrata in vigore della legge. In tal modo il
legislatore ha configurato una duplice disciplina.
La persistenza della precedente
disciplina nei confronti dei prosecutori volontari aveva una validissima
giustificazione: garantire a lavoratori non più soggetti all’assicurazione
obbligatoria, ed onerati dal peso della contribuzione volontaria, l’invarianza
delle condizioni di accesso alla pensione di anzianità vigenti all’atto
dell’ammissione alla prosecuzione volontaria, in difetto di che, sarebbe stato reso
incerto il raggiungimento dell’obiettivo in vista del quale veniva utilizzato
lo strumento della contribuzione volontaria.
La legge 214/2011 ha introdotto
una nuova salvaguardia per i prosecutori volontari autorizzati entro il 4
dicembre 2011 senza pregiudicare i diritti maturati dai prosecutori volontari
autorizzati entro il 20 luglio 2007 già derogati dalla legge 247/2007.
La deroga di cui alla legge
247/2007 è rivolta esclusivamente alla maturazione del diritto all’accesso al
pensionamento di anzianità con 35 anni di contributi e 57/58 anni di età
anagrafica, mentre la deroga prevista dalla legge 214/2011 riguarda sia il
pensionamento di anzianità (con la quota e con i 40 anni) che quello di
vecchiaia. Ciò dimostra che si tratta di una nuova salvaguardia.
In caso contrario, il “patto”
intercorso tra lo Stato-legislatore e questi assicurati (autorizzati alla
prosecuzione volontaria dei contributi entro il 20 luglio 2007) verrebbe
violato per effetto della norma sopravvenuta che ha introdotto un’ulteriore
condizione, non presente nella norma originaria, in forza della quale le
preesistenti condizioni di accesso alla pensione di anzianità restano ferme
solo per coloro che maturino il diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011.
Con questa restrizione, il
legislatore verrebbe meno all’affidamento che aveva dato con la disposizione
precedente, vanificando le legittime previsioni
di chi, avvalendosi di questa
assicurazione, si era accollato un gravoso onere in attesa di
perfezionare i requisiti di contribuzione precedentemente richiesti.
La questione di costituzionalità
presenterebbe consistenti probabilità di accoglimento, in quanto il
legislatore, con l’art. 1, comma 8, aveva definito un “percorso” differenziato
per i soggetti già ammessi alla prosecuzione volontaria, al termine del quale
il diritto a pensione era stato garantito, all’unica condizione che si fossero
raggiunti l’età e l’anzianità contributiva previgente, indipendente dal momento
di perfezionamento.
Inoltre, a nostro avviso, ai
trattamenti pensionistici di anzianità liquidati in favore degli autorizzati
alla prosecuzione volontaria prima del 20 luglio 2007 non deve essere applicato
il regime delle decorrenze a scorrimento introdotto dall’art. 12, comma 2, del
decreto legge 78/2010, convertito con modificazioni in legge 122/2010. Tale
ultima disposizione di legge, infatti, ha introdotto il nuovo regime delle
decorrenze per i soggetti che conseguono il diritto a pensione sulla base
dell’art. 1, comma 6, della legge 243/2004.
Come si ricorderà, l’Inps nella
circolare n. 126/2010, aveva precisato che sono esclusi dall’applicazione della
nuova disciplina coloro che accedono al trattamento pensionistico di anzianità
sulla base di una disciplina diversa da quella prevista dall’art. 1, comma
6,della legge 243/2004. Solo successivamente e dopo l’intervento del Ministero
del lavoro, l’Istituto, con circolare n. 53/2011, ha rettificato la precedente
posizione, precisando che il differimento della decorrenza di 12 o 18 mesi si
applica a tutte le pensioni di anzianità comprese, quindi, quelle liquidate in
favore dei beneficiari della deroga di cui all’art.1, comma 8 della legge n.
243/2004.
1.2. Regime sperimentale per le
lavoratrici (art. 1, comma 9 della legge 243/2004)
L’art. 24, comma 14, della legge
214/2011 ha espressamente mantenuto in vigore le disposizioni, in materia di
requisiti di accesso e di regime delle decorrenze previste, per le lavoratrici,
dall’art. 1, comma 9, della legge
243/2004. Pertanto le lavoratrici continuano a maturare il diritto a
pensione di anzianità, anche dopo il 31.12.2011, con 35 anni di contributi e 57
anni di età se dipendenti, 58 anni se autonome, optando per il calcolo
contributivo. Tale possibilità è prevista in via sperimentale fino al
31.12.2015.
Secondo l’Inps alle pensioni di
anzianità in regime sperimentale di cui all’art.1, comma 9, della legge 243/2004 si applica il regime delle
decorrenze mobili o a scorrimento ed il requisito anagrafico di 57 o 58 anni è
soggetto all’adeguamento alla speranza di vita. Inoltre la sperimentazione
termina il 31 dicembre 2015, decorrenza compresa.
Con le interpretazioni fornite
dall’Inps (dietro esplicito parere del Ministero del Lavoro) il periodo
sperimentale viene ridotto notevolmente; infatti, per effetto dell’applicazione
della finestra mobile e della speranza di vita, la possibilità di optare per
tale tipologia di pensionamento è limitata alle lavoratrici dipendenti che
maturano i requisiti di 35 anni di contribuzione e 57 anni e 3 mesi di età entro
il 30.11.2014 (nate entro il 31.8.1957)e alle lavoratrici autonome che maturano
i requisiti di 35 anni di contributi e 58 anni e 3 mesi di età entro il
31.05.2014 (nate entro il 28.02.1956).
L’interpretazione restrittiva
dell'Inps che impedisce l'opzione a tante lavoratrici disposte a rinunciare ad
una quota di pensione, spesso per evitare un lungo periodo senza reddito o una
lunga permanenza al lavoro, appare una evidente violazione di quanto disposto
dall’art. 1, comma 9, della legge 243/2004, norma che aveva previsto la
possibilità di optare per le lavoratrici che entro il 31.12.2015 maturavano i
previgenti requisiti per la pensione di anzianità.
A nostro avviso, per tale facoltà di
pensionamento:
non trova applicazione il regime delle decorrenze mobili;
l’età di 57 o 58 anni non va incrementata in relazione alla speranza di vita;
l’anno2015 va considerato come
ultimo anno di maturazione dei requisiti per il diritto e non di decorrenza della
pensione.
Relativamente al primo punto
valgono le considerazioni fatte nel paragrafo precedente per i prosecutori
volontari: il regime delle decorrenze è stato introdotto dall’art. 12, comma 2,
della legge 122/2010solo per i soggetti
che conseguono il diritto a pensione sulla base dell’art. 1, comma 6, della legge 243/2004.
L’incremento del requisito
anagrafico in relazione alla speranza di vita non deve essere applicato alla
pensione di anzianità in regime sperimentale per le lavoratrici per il semplice
fatto che la disposizione di legge che lo ha introdotto, l’art. 12, comma 12
bis, della legge 122/2010, nel testo modificato dall’art. 24, comma 12, lettera
a), del decreto legge 201/2011,
convertito con modificazioni nella legge
n. 214/2011, lo ha previsto per maturare:
i requisiti di età e i valori di
somma di età anagrafica e di anzianità contributiva di cui alla tabella B
allegata alla legge 243/2004, e successive modificazioni;
i requisiti anagrafici per il
conseguimento della pensione di vecchiaia;
il requisito anagrafico per il
conseguimento dell’assegno sociale;
il requisito contributivo per il conseguimento del diritto
alla pensione anticipata, indipendentemente dall'età anagrafica.
Infine, per quanto riguarda il
periodo sperimentale riteniamo che la decorrenza non debba essere considerata
costitutiva del diritto.
A dire il vero, con sentenza n.
18041/2007 la Corte di Cassazione ha affermato che “In tema di pensione di
anzianità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria o di forme di
previdenza di essa sostitutive, la decorrenza di detta pensione in base alle
regole delle "finestre" indicate dall'art.1, c. 29, della legge 8
agosto 1995, n. 335rappresenta elemento costitutivo dello stesso diritto a
pensione, il quale, pertanto, si perfeziona soltanto nel momento in cui matura
la data di decorrenza fissata dalla legge, essendo quindi irrilevante, per l'insorgenza
di siffatto diritto, che l'assicurato abbia, prima del predetto momento,
conseguito il prescritto requisito contributivo e presentato domanda di pensione”.
Anche se in tema di
interpretazione, delle cd “finestre” di cui all’art. 1, comma 29, della legge
335/1995 la S.C. ha affermato che la decorrenza è un elemento costitutivo del
diritto che si perfeziona nel momento della decorrenza, sembra dal testo
dell’art. 12, della legge 122/2010 che si possa diversamente opinare.
Infatti il legislatore afferma
espressamente l’esistenza di un “diritto all’accesso al pensionamento”,
diversificato rispetto al diverso diritto “alla decorrenza del trattamento
pensionistico”.
Anche se la norma non è del
tutto chiara tuttavia vi è una diversificazione tra il diritto all’accesso al
pensionamento e il diritto alla decorrenza.
1.3. Lavoratrici e lavoratori
dipendenti che maturano, entro il 31.12.2012, i requisiti in vigore al
6.12.2011 (art.24, c.15-bis, legge 214/2011)
L’art. 24, comma 15-bis, della
legge 214/2011 prevede in via
eccezionale, per i lavoratori che svolgono attività di lavoro dipendente nel
settore privato (quindi la norma non si applica ai lavoratori del settore pubblico
e ai lavoratori autonomi e parasubordinati)la cui pensione viene liquidata dall'assicurazione
generale obbligatoria o dalle forme sostitutive, la possibilità di conseguire
la pensione anticipata a 64 anni di età, qualora maturino entro il 31.12.2012
il diritto a pensione di anzianità con la quota.
La stessa disposizione prevede
analoga possibilità di pensionamento a 64 anni di età per le lavoratrici
dipendenti del settore privato che maturano entro il 2012 il requisito per la
pensione di vecchiaia in vigore al 6.12.2011.
Pertanto, il lavoratore
dipendente privato che entro il 31.12.2012 perfezionerà “quota 96” con almeno
35 anni di contributi e 60 anni di età potrà andare in pensione dal mese
successivo al compimento del 64° anno di età, e la lavoratrice dipendente che
entro il 2012 matura 20 anni di contributi e 60 anni di età potrà andare in
pensione alla stessa età di 64 anni.
L’INPS ha precisato che la norma
eccezionale si applica esclusivamente ai lavoratori che svolgono attività di
lavoro dipendente nel settore privato alla data del 28.12.2011 (data di entrata
in vigore della legge di conversione del decreto), a prescindere dalla gestione
dalla quale è liquidato il trattamento pensionistico.
L’interpretazione data dall’Inps
consente l’accesso al pensionamento a 64 anni anche ai dipendenti privati che
utilizzano, per la liquidazione della pensione, contribuzione da lavoro
autonomo non ricongiunta. In tal caso, ovviamente, per perfezionare il diritto
a pensione di anzianità, entro il 2012,si dovrà raggiungere “quota 97” con
almeno 35 anni di contribuzione e 61 anni di età.
Secondo l’Inps sono destinatari
della norma solo i soggetti che svolgevano attività lavorativa alla data del 28
dicembre 2011 ed il requisito anagrafico di 64 anni va adeguato alla speranza
di vita: nel 2013-2015 il requisito anagrafico sarà di 64 anni e 3 mesi e nel 2016-2017
di 64 anni e 7 mesi(se sarà confermato l’aumento stimato dal 2016).
Innanzitutto non condividiamo il
fatto che l’Inps escluda dall’applicazione del beneficio i lavoratori che al 28
dicembre 2011 non erano occupati alle dipendenze di privati; infatti con tale
interpretazione vengono esclusi dalla tutela garantita dalla norma eccezionale
i disoccupati di breve e di lungo periodo, i lavoratori in mobilità, i
prosecutori volontari: tutti soggetti che si trovano nelle condizioni di
maggiore difficoltà.
Si ritiene che la lettura della disposizione in commento, in
base alla quale i lavoratori dipendenti del settore privato potrebbero
conseguire il trattamento pensionistico in età anticipata (comunque non
inferiore ai 64 anni) solo se al 28
dicembre 2011 si siano trovati in
attualità di lavoro vada
contrastata in sede amministrativa
e giudiziaria perché illegittima ed arbitraria.
Non c’è dubbio che il
legislatore abbia inteso riservare il
beneficio ai soli lavoratori subordinati attraverso un implicito rinvio alla
fattispecie legale di cui all'art. 2094 cod. civ, sicché non possono essere
ritenuti ricompresi nell’area applicativa della norma soggetti riconducibili a
categorie diverse, quali i lavoratori autonomi i collaboratori etc..
Tuttavia, i soggetti che, con
continuità, abbiano prestato lavoro subordinato con assolvimento del relativo
obbligo contributivo nei confronti dell’Inps, in presenza del requisito di età
e di anzianità contributiva, debbono essere ammessi al beneficio
indipendentemente dalla circostanza che il loro rapporto di lavoro subordinato
fosse in atto al 28 dicembre 2011.
Diversamente da quanto sostenuto
dall'INPS, il testo della citata disposizione fornisce una definizione dei destinatari del beneficio senza operare alcun
richiamo alla temporalità dello status
di lavoratore subordinato, essendo la suddetta data indicata solo quale limite cronologico
entro il quale i requisiti debbono essersi verificati.
Il presupposto dell’attualità è
del tutto estraneo all'ambito di applicazione della disposizione: una
irrazionale restrizione dell’area
applicativa tale da escludere proprio
quelle situazioni di perdita involontaria del lavoro che programmaticamente la norma “in via
eccezionale” intende proteggere, potrebbe dar luogo, se non correttamente
interpretata, ad una -fondata -censura di illegittimità costituzionale.
Inoltre siamo dell’avviso che il
requisito dell’età di 64 anni per conseguire la pensione non debba essere
incrementato in relazione all’aumento della speranza di vita, in quanto i 64
anni devono essere considerati come un termine e non come un requisito
anagrafico per perfezionare il diritto a pensione.
1.4. Extracomunitari rimpatriati
L’Inps sostiene che la riforma è
ispirata ad un generale principio di armonizzazione e che, pertanto, anche i
lavoratori extracomunitari, dal 1° gennaio 2012, conseguono il diritto a
pensione di vecchiaia all’età di 66 anni, età soggetta all’adeguamento per la
speranza di vita. Secondo l’Inps la nuova età pensionabile e gli adeguamenti si
applicano anche per liquidare la pensione di vecchiaia contributiva ai
lavoratori extracomunitari rimpatriati, in deroga ai requisiti minimi
contributivi previsti dalla legislazione vigente.
Si tratta di una valutazione forzata
che non tiene conto del fatto che siamo in presenza di una norma speciale, che
detta la medesima età pensionabile per uomini e donne (65 anni), determinando
un diritto a pensione in base a requisiti che non sono analoghi a quelli
richiesti a chi resta in Italia. Infatti, l’art. 22, comma13, del decreto
legislativo 286/1998, come sostituito dall’art. 18, comma 1, della legge
189/2002 stabilisce che in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario
conserva i diritti previdenziali maturati e può goderne indipendentemente dalla
vigenza di un accordo di reciprocità al compimento del sessantacinquesimo anno
di età, anche in deroga al requisito contributivo minimo previsto dalla legge.
L’estensione dell’aumento
dell’età pensionabile per effetto della speranza di vita a chi lascia l’Italia
per raggiungere il Paese di origine estende di fatto le tabelle di mortalità
italiane a persone con una speranza di vita media inferiore rispetto a quella
italiana per effetto delle diverse condizioni socio economiche.
1.5. Requisito contributivo per
maturare i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata indipendentemente
dall’età
Il diritto alla pensione
anticipata dal 1° gennaio 2012 si matura esclusivamente sulla base
dell’anzianità contributiva di 42 anni e 1 mese per gli uomini e di 41 anni e 1
mese per le donne.
Per gli anni successivi tali
requisiti contributivi verranno incrementati di un mese per l’anno 2013 e di un
ulteriore mese a decorrere dall’anno 2014; inoltre, saranno ulteriormente
incrementati per l’adeguamento periodico relativo alla speranza di vita.
La disposizione di legge non
precisa nulla riguardo alla tipologia dell’anzianità contributiva minima
richiesta per maturare il diritto alla pensione anticipata. L’INPS, invece, con
la circolare 35/2012 ha precisato che per perfezionare i requisiti contributivi
per i soggetti con contribuzione al 1° gennaio 1996 resta fermo il possesso di
almeno 35 anni con esclusione della contribuzione figurativa per malattia e
disoccupazione.
A nostro avviso la verifica dei
35 anni non deve essere più effettuata poiché era riferita alla sola pensione
di anzianità, che la legge 214/2011 ha soppresso; riteniamo, pertanto, che la
posizione dell’Inps che propone il trascinamento ingiustificato ed illegittimo
di una precedente normativa non più in vigore possa essere impugnata.
1.6. Dipendenti delle autonomie
locali in esonero dal servizio sulla base di leggi regionali che hanno recepito
l’art. 72, comma 1 della legge 133/2008
Per i dipendenti pubblici che
hanno in corso, al 4.12.2011, l’istituto dell’esonero dal servizio di cui
all’art. 72, comma 1, della legge 133/2008, viene prevista la possibilità di
pensionamento sulla base dei previgenti requisiti anche se perfezionati dopo il
31.12.2011, nei limiti di determinate risorse stabilite dalla stessa
disposizione di legge e nel limite numerico stabilito dal decreto ministeriale
del 1° giugno 2012.
L’art. 72, comma 1, della legge
133/2008, prevedeva per il personale dipendente delle amministrazioni dello
Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle Agenzie fiscali, della Presidenza
del Consiglio dei Ministri, degli Enti pubblici non economici, delle
Università, delle Istituzioni ed Enti di ricerca nonché gli enti di cui
all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 165/2001, la possibilità di
essere esonerato dal servizio nel corso del quinquennio antecedente la data di
maturazione della anzianità massima contributiva di 40 anni.
La previsione di cui all’art. 72
della legge 133/2008 è stata estesa, con specifiche leggi regionali, anche al
personale dipendente regionale, delle aziende sanitarie e degli enti
strumentali di alcune Regioni.
I dipendenti collocati in
esonero dal servizio sulla base di leggi regionali si trovano nelle medesime
condizioni dei dipendenti collocati in esonero dal servizio sulla base
dell’art. 72 della legge 133/2008.
Tra l’altro, il Dipartimento
della Funzione Pubblica, con circolare n. 2 del 8.3.2012, condivisa con il
Ministero del lavoro e con il Ministero
dell'economia, nel fornire indicazioni interpretative per un'omogenea
applicazione della disciplina per gli aspetti di impatto sul rapporto di lavoro
o di impiego, non aveva fatto distinzione di sorta tra i dipendenti in esonero
dal servizio, ai sensi dell’art. 72 con quelli in esonero ai sensi di leggi
regionali.
Infatti al punto 4)della
suddetta circolare il Dipartimento della Funzione Pubblica chiarisce che con la
soppressione dell’istituto dell’esonero dal servizio, di cui all’art. 72 della
legge 133/2008, e con la disapplicazione delle disposizioni di leggi regionali
contenenti discipline analoghe a quelle dell’istituto dell’esonero di cui alla
normativa statale, operate dall’art. 24, comma 1, lettera e) della legge
214/2011, a far data dal 28.12.2011 le norme di disciplina del rapporto
continuano ad applicarsi agli esoneri già concessi prima del 4.12.2011.
Riguardo al regime di accesso al
trattamento pensionistico, la circolare precisa che il previgente regime
troverà applicazione anche nei confronti del personale in esonero che matura i
requisiti a decorrere dal 1° gennaio 2012, a condizione che l'esonero fosse in corso alla data del
4.12.2011 e che dall'esito della procedura di monitoraggio di cui al comma 15
dell’art. 24 della legge 214/2011 risulti la capienza del contingente (le
modalità attuative sono state poi definite con il decreto ministeriale del 1°
giugno 2012).
Infine con la predetta
circolare, il Dipartimento della Funzione Pubblica precisa che l’eventuale
incapienza del fondo comporterà l'applicazione del nuovo regime e, quindi, la
prosecuzione del rapporto di esonero con il dipendente sino alla maturazione
dei nuovi requisiti di anzianità contributiva legale.
Il Ministero del lavoro, con
nota del 28/11/2012, ha chiarito che le istanze presentate dai lavoratori
beneficiari dell’istituto dell’esonero dal servizio ai sensi di leggi regionali
non sono ammissibili. Secondo il Ministero i soggetti destinatari della
salvaguardia sono, anche e soprattutto
ai fini della copertura finanziaria, solo i dipendenti delle amministrazioni
dello Stato e delle altre amministrazioni ed enti tassativamente elencati
dall’art. 72, comma 1 della legge 133/2008.
A nostro avviso, invece ,anche i
dipendenti collocati in esonero dal servizio sulla base di analoghe leggi
regionali dovrebbero rientrare tra i potenziali beneficiari della salvaguardia.
Ciò sia per quanto specificato
in premessa e sia perché l’interpretazione costituzionale della norma porta a
ritenere che rientrano a pieno titolo tra i beneficiari della norma di
salvaguardia anche i dipendenti delle amministrazioni locali in esonero dal
servizio al 4.12.2011. Una diversa interpretazione darebbe luogo, infatti, ad
ingiustificate disparità di trattamento tra i dipendenti delle amministrazioni
statali e i dipendenti delle autonomie locali che si trovano nelle medesime
condizioni.
Il termine per la presentazione
del ricorso al competente Organo di giustizia amministrativa (TAR), di60 giorni
dalla comunicazione del primo provvedimento di diniego è ormai trascorso. Può,
comunque, essere tentato il ricorso giudiziale alla Corte dei conti avverso il
diniego della liquidazione del trattamento pensionistico sulla base dei
requisiti di accesso previgenti alla legge 214/2011.
Infatti sulla questione si sono
pronunciati diversi TAR (Piemonte, Veneto, etc.) stabilendo che gli atti con
cui il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha denegato l’ammissione
al beneficio di cui all’art. 24, comma 14, lettera e) del decreto legge 201 del
2011 involge posizioni di diritto soggettivo, per cui nel caso di dipendenti
delle amministrazioni regionali, competente a giudicare è la Corte dei Conti,
cui il lavoratore potrà rivolgersi per ottenere quanto negatogli.
2. Eccesso di delega del decreto
ministeriale del 1° giugno 2012, di attuazione dell’art. 24 della legge
214/2011
Premessa
Come detto in premessa, il
legislatore, ha innalzato bruscamente i requisiti per il diritto alla pensione
di vecchiaia e a quella anticipata prevedendo per alcune specifiche categorie
di lavoratori, definite più deboli, e nei limiti di predeterminate risorse, la
possibilità di accedere a pensione sulla base dei previgenti requisiti, anche
se perfezionati dopo il 31.12.2011.
Le categorie di lavoratori
originariamente definite dal comma 14 dell’art. 24 della legge 214/2011 sono
state poi ampliate dall’art. 6 della legge 14/2012.
Le situazioni soggettive da
tutelare, individuate dalla normativa, sono situazioni variegate nelle quali la
cessazione del lavoro deriva da fatti verificatisi anteriormente all’entrata in
vigore della nuova disciplina pensionistica per le quali, quindi, ricorre
un’esigenza di tutela dell’affidamento, riposto dal lavoratore, sulla normativa
pensionistica vigente nel momento in cui è scaturita la prospettiva della
cessazione dell’attività lavorativa.
Per l’attuazione delle norme
derogatorie, il comma 15 dell’art. 24 della legge 214/2011ha poi previsto un
decreto interministeriale (Ministro del lavoro di concerto con il Ministro
dell’economia) con il compito di definirne le modalità e la determinazione del numero dei soggetti
interessati alla concessione del beneficio nel limite delle predeterminate
risorse finanziarie.
Il decreto interministeriale
1°giugno 2012, al fine di rispettare i limiti di spesa fissati dalla
disposizione di legge, ha introdotto ulteriori requisiti, non previsti dalla
legge primaria, riducendo di fatto la platea degli aventi diritto.
In particolare sono stati
imposti ulteriori specifici requisiti per i lavoratori in mobilità ordinaria o
lunga, per gli autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione e
per i lavoratori cessati sulla base di accordi di esodo entro il 31 dicembre
2011.
Il decreto interministeriale
del1° giugno 2012 sembra eccedere la delega concessagli dalla legge 214/2011 e
pertanto i lavoratori esclusi dalla salvaguardia a causa dell’eccesso di delega
potrebbero chiedere in sede giudiziale la sua disapplicazione.
2.1 Lavoratori in mobilità
ordinaria e lunga: vincolo della cessazione entro il 4.12.2011
La legge originaria, legge
214/2011, prevede che i lavoratori in mobilità ordinaria, per poter rientrare
tra i potenziali beneficiari della salvaguardia, devono essere stati collocati
in mobilità sulla base di accordi stipulati entro il 4.12.2011e devono
perfezionare i previgenti requisiti per il pensionamento di anzianità o di
vecchiaia nel periodo di fruizione dell’indennità di mobilità.
Il decreto ministeriale del 1°
giugno 2012, nel prevedere che la cessazione dell’attività lavorativa deve
essere intervenuta entro il 4.12.2011, esclude dai probabili beneficiari i
lavoratori collocati in mobilità successivamente al 4.12.2011, ancorchè
l’accordo sia stato sottoscritto anteriormente a tale data.
Il legislatore con la legge
primaria ha assicurato a tali lavoratori il medesimo affidamento di quello
assicurato ai lavoratori cessati entro il 4 dicembre 2011.
L’attuazione del decreto
interministeriale esclude arbitrariamente, per i lavoratori collocati in mobilità
sulla base di accordi stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 ma cessati
dopo tale data, la possibilità ad andare in pensione con la disciplina vigente
sino al 31 dicembre 2011.
2.2 Autorizzati alla
prosecuzione volontaria: previsione delle ulteriori condizioni di decorrenza
della pensione, di non ripresa dell’attività lavorativa, del contributo
volontario accreditato o accreditabile prima del 6.12.2011
Per i prosecutori volontari, la
legge originaria, legge 214/2011, prevede solo che la decorrenza
dell’autorizzazione deve essere antecedente alla data del 4 dicembre 2011.
Il decreto ministeriale del 1°
giugno 2012, per gli autorizzati alla prosecuzione volontaria prevede, invece,
ulteriori pesanti vincoli: aver almeno
un contributo accreditato o accreditabile alla data del 4 dicembre 2011, non
aver ripreso qualsiasi tipo di attività lavorativa successivamente
all’autorizzazione ai versamenti volontari, la maturazione della decorrenza
della pensione entro il 6 dicembre 2013, “in analogia” con quanto previsto per
i lavoratori esodati.
Si tratta di criteri
estremamente restrittivi che sono stati introdotti nel decreto solo per
decimare la platea dei potenziali beneficiari.
Per quanto riguarda “la mancata
ripresa di qualsiasi attività lavorativa”, secondo l’Inps la formulazione della
norma lascia pochi spazi interpretativi e, pertanto, se dopo la data di
decorrenza giuridica dell’autorizzazione alla prosecuzione volontaria, il
soggetto ha prestato lavoro occasionale o ha percepito anche un solo vaucher,
non può essere incluso tra i possibili destinatari della deroga.
Inoltre, a parere dell’Istituto,
la decorrenza giuridica dell’autorizzazione alla prosecuzione volontaria nei
casi di cambio di gestione o di riammissione non muta e pertanto nemmeno in tali
fattispecie il soggetto può essere incluso tra i potenziali salvaguardati.
Non
rientrano, quindi, tra i potenziali beneficiari nemmeno i lavoratori
autorizzati alla prosecuzione volontaria anni fa e che poi, dopo la ripresa
dell’attività lavorativa anche a tempo indeterminato, hanno riperso il lavoro e
sono stati riammessi alla prosecuzione volontaria con la rideterminazione del
contributo volontario o con cambio gestione prima del 4.12.2011.
Tale interpretazione preclude la
possibilità di rientra renella salvaguardia a tutti i lavoratori che nella
propria carriera lavorativa hanno chiesto l’autorizzazione volontaria ed
hanno versato la contribuzione
volontaria in più riprese perchè hanno perso il lavoro e lo ritrovano in forma
precaria. Noi siamo convinti che questo vincolo, come tutti gli altri, debba
essere superato: si tratta di un vero e proprio incentivo al lavoro nero e di
una iniqua penalizzazione per i lavoratori che hanno accettato qualsiasi tipo
di lavoro pur di poter mantenere dignitosamente le proprie famiglie.
Per questa categoria di
lavoratori il legislatore ha assicurato, con la legge primaria, l'affidamento di
essere salvaguardati sulla base del solo
requisito dell'autorizzazione alla data del 4 dicembre 2011.
Gli ulteriori vincoli imposti
dal decreto interministeriale escludono, pertanto, arbitrariamente gli
autorizzati alla prosecuzione volontaria dalla possibilità di usufruire della
deroga solo perché hanno prestato, successivamente alla data di autorizzazione,
lavori di breve durata, precari e occasionali (lavoro a chiamata, vaucher,..) o
perché non hanno un contributo accreditabile alla data del 6 dicembre 2011 o
perché non hanno maturato la decorrenza della pensione entro il 6 dicembre 2013.Ovviamente il
contenzioso va intrapreso nel caso in cui le lavoratrici e i lavoratori non
rientrino neanche nella salvaguardia dei 10.130, che prevede la possibilità di
deroga per coloro che si sono rioccupati con contratti non a tempo
indeterminato conseguendo un reddito inferiore a 7.500 euro annui.
2.3 Cessati sulla base di
accordo all’esodo individuale o collettivo: ulteriore condizione di nessuna
rioccupazione successiva alla cessazione
L’art. 6, comma 2 ter della
legge 214/2012, ha incluso tra i potenziali salvaguardati, nei
limiti delle risorse e con le medesime procedure previste dalla legge 214/2011,
anche i lavoratori il cui
rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011, in ragione di
accordi individuali, sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e
412-ter del codice di procedura civile, o in applicazione di accordi collettivi
di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più
rappresentative a livello nazionale.
Per questa categoria di
lavoratori la disposizione di legge ha subordinato la concessione del beneficio
alle seguenti condizioni:
la data di cessazione del
rapporto di lavoro deve risultare da elementi certi e oggettivi;
possesso, da parte del lavoratore, dei requisiti anagrafici e
contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero
comportato la decorrenza del trattamento pensionistico entro 24 mesi dalla data
di entrata in vigore de decreto legge 201/2011.
Il decreto interministeriale del
1° giugno 2012 ha aggiunto l’ulteriore condizione, non prevista dalla legge
originaria, di nessuna rioccupazione in qualsiasi altra attività lavorativa
successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro con accordo di esodo.
Il decreto interministeriale
esclude, pertanto, arbitrariamente i lavoratori cessati entro il 31.12.2011
sulla base di accordi di esodo, individuale o collettivo, che hanno prestato
successivamente alla data di cessazione lavori di breve durata, precari e
occasionali (lavoro a chiamata, vaucher,..)
3. Questioni di costituzionalità
Premessa
La legge 214/2011 non ha
previsto un regime transitorio per i lavoratori prossimi al pensionamento e non
ha ricompreso tra i potenziali salvaguardati diverse categorie di lavoratori
particolarmente deboli, quali ad esempio i disoccupati di lungo periodo, i licenziati
con provvedimento unilaterale e senza ammortizzatori sociali, i dimissionari
per giusta causa. Molti lavoratori si trovano già e tanti altri si verranno a
trovare senza stipendio, senza ammortizzatori e senza pensione per diversi
anni.
La Corte costituzionale con
sentenza 822/1988, nell’esaminare la legittimità dell’art. 3 della legge
297/1982 nella parte in cui ha modificato i criteri di calcolo della pensione
senza prevedere un periodo transitorio, ha affermato che “in materia di
ordinamento pensionistico, sono costituzionalmente illegittime quelle
modificazioni legislative che, intervenendo in una fase avanzata del rapporto
di lavoro oppure quando sia già subentrato lo stato di quiescenza, peggiorino,
senza un'inderogabile esigenza, in misura notevole ed in maniera definitiva, un
trattamento pensionistico in precedenza spettante, con la conseguente
irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal
lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività lavorativa.”
Inoltre la Corte, con tale
sentenza, ha affermato che “L'inderogabile esigenza giustificatrice della
riduzione del trattamento pensionistico ormai prossimo a maturazione, secondo
la legge precedente alla modificazione, non può concretarsi nelle ragioni che
hanno determinato la riforma legislativa.”
Con il suddetto provvedimento in
sostanza la Corte Costituzionale ha affermato che riformare in peggio il
sistema previdenziale è possibile purché la riforma sia riferita a soggetti
lontani dalla maturazione dei requisiti, ovvero anche a soggetti prossimi al
pensionamento purché il peggioramento sia inderogabile, non notevole e non
definitivo.
Tale principio potrebbe essere
invocato in tutti quei casi in cui l’assicurato, in prossimità temporale nel conseguimento
del diritto a pensione secondo il previgente ordinamento, si viene a trovare a
causa dell’assenza di norme transitorie per il passaggio dal vecchio al nuovo
regime senza lavoro, senza pensione e senza ammortizzatori.
La richiesta del giudizio di
costituzionalità deve essere posta al Giudice del lavoro, selezionando
attentamente i casi controversi e formulando precise questioni di
costituzionalità.
Riteniamo che i casi da portare
in giudizio debbano riguardare situazioni di soggetti che oltre ad aver perso
il posto di lavoro non abbiano percepito lucrosi incentivi, non abbiano
acquisito una occupazione successiva a tempo indeterminato, non abbiano
cospicui redditi alternativi.
3.1 Esclusione di alcune
categorie di lavoratori particolarmente deboli dai potenziali beneficiari delle
norme derogatorie
L’art. 24, commi 14 e 15, della
legge 214/2011, modificata dall’art. 6 della legge 14/2012 dispone per alcune
specifiche categorie di lavoratori, definite deboli, e nei limiti di
determinate risorse, la possibilità di pensionamento sulla base dei previgenti
requisiti, anche se perfezionati dopo il 31.12.2011.
La premessa ispiratrice della
norma di prevedere clausole derogatorie solo a favore delle categorie di
lavoratori più deboli viene definita nel comma 14 dell’art. 24 ed in tale
definizione c’è una vera lacuna degli elementi tipici ammessi a tutela.
Infatti, le categorie
individuate dalla norma, che in sintesi elenchiamo, sono i lavoratori in
mobilità ordinaria e lunga, i titolari di prestazione straordinaria a carico
dei fondi di solidarietà di settore, gli autorizzati alla prosecuzione
volontaria della contribuzione, i dipendenti pubblici in esonero dal servizio,
i lavoratori in congedo straordinario per assistere figli con disabilità, i lavoratori
con rapporto di lavoro risolto in ragione di accordi individuali o collettivi
di incentivo all’esodo.
Non sono, invece, compresi tra i
lavoratori potenziali beneficiari della deroga quelli che si trovano proprio
nelle situazioni più deboli quali ad esempio i lavoratori licenziati per
cessazione dell'attività dell’impresa, per fallimento, o comunque licenziati
unilateralmente, i dimissionari per giusta causa, i disoccupati di lunga data
che non sono riusciti a rioccuparsi.
Per effetto del repentino incremento
dei requisiti senza la previsione di un periodo transitorio ed a causa
dell’esclusione dalle norme derogatorie, diversi lavoratori pur trovandosi,
all’entrata in vigore delle restrittive disposizioni di legge, in prossimità
del pensionamento secondo il previgente ordinamento si trovano ora nella drammatica situazione di essere
senza lavoro, senza ammortizzatori e senza pensione per diversi anni (anche 6 e
più).
Sotto il profilo di
costituzionalità è contraddittorio il disposto dell’art. 24, c. 14 laddove nel
definire le categorie più deboli da tutelare (obiettivo posto in premessa
dall’art. 24, c. 1) non include tra i potenziali beneficiari della salvaguardia
i soggetti particolarmente deboli come, ad esempio, i lavoratori licenziati per
cessazione dell'attività dell’impresa, per fallimento, i disoccupati di lunga
data che non sono riusciti a rioccuparsi, i dimissionari per giusta causa.
In tutti quei casi in cui i
lavoratori si trovino in prossimità temporale nel conseguimento del diritto a
pensione secondo il previgente ordinamento potrebbe essere fatto valere anche
il richiamo al legittimo affidamento.
3.2 Riduzione dell’importo della
pensione retributiva liquidata ad età inferiore a 62 anni a categorie di
lavoratori con speranza di vita ridotta
Viene prevista una riduzione
percentuale sulla quota di pensione retributiva relativa all’anzianità
contributiva maturata fino al 31.12.2011 qualora il pensionamento anticipato
avvenga prima del compimento dell’età di 62 anni. Tale riduzione è pari all’1%per
i primi due anni mancanti al raggiungimento dei 62 anni ed elevata al 2% per
gli ulteriori anni mancanti alla suddetta età calcolati alla data del
pensionamento.
Secondo quanto disposto dalla
successiva legge 14/2012 (art. 6, comma 2-quater) la riduzione non sarà
applicata a coloro che maturano il requisito contributivo entro il 31.12.2017
qualora la contribuzione derivi esclusivamente da prestazione effettiva di
lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, servizio
militare, infortunio, malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria.
Nulla è previsto per
evitare/ridurre la penalizzazione ai lavoratori precoci e ai lavoratori che
hanno diritto a maggiorazioni contributive (esposti all’amianto, lavoratori
invalidi, ecc.).
Un lavoratore precoce che ha
iniziato a lavorare all’età di 15 anni e che nel 2011 ha 51 anni di età e 36
anni di contributi maturerà i nuovi requisiti contributivi, 42 anni e 10 mesi,
nel 2018; a quella data il lavoratore avrà 58anni di età e pertanto se non
vuole incorrere nella riduzione di circa il 9% (1/12 del 2% per ogni mese
mancante al raggiungimento di 62 anni) della quota di pensione calcolata
sull’anzianità contributiva maturata fino al 2011, dovrà continuare l’attività
lavorativa per almeno altri 5 anni (dovrà lavorare 48 anni).
Ipotizziamo un caso limite:
lavoratore che ha iniziato a lavorare all’età di 15 anni e che nel 2011,
all’età di 49 anni, può far valere, con 5 anni di maggiorazione per esposizione
all’amianto, 39 anni di anzianità contributiva (34 anni di lavoro effettivo e 5
anni di maggiorazione). Maturerà il diritto a pensione anticipata nel 2015 (42
anni e 6 mesi di contributi) all’età di 53 anni; 9 anni di anticipo rispetto ai
62: 15% di riduzione!
Potrebbe essere posta la questione
di costituzionalità dell’art. 24, c. 10, della legge 214/2011 laddove, nel
prevedere una riduzione percentuale sulla quota di pensione nei casi in cui il
pensionamento anticipato avvenga prima del compimento dell’età di 62 anni, non
ha previsto, come parametro anagrafico di riferimento, un’età inferiore a 62
anni da applicare alle categorie di lavoratori precoci e con speranza di vita
più breve rispetto alla generalità dei lavoratori.
3.3 Inclusione nel numero dei
potenziali beneficiari della salvaguardia dei lavoratori collocati in mobilità
lunga sulla base di precedenti norme derogatorie
La mobilità lunga ha una durata
superiore rispetto a quella ordinaria in quanto deve accompagnare il lavoratore
-che deve necessariamente trovarsi alla data di collocazione in mobilità in
possesso di determinati requisiti anagrafici e/o contributivi -fino alla data
di maturazione del diritto al pensionamento.
Le disposizioni di legge che la
prevedono (da ultimo l’art. 1, comma 1189 della legge 296/2006, in precedenza
l’art.1 bis della legge 81/2003 e ancora prima l’art. 1 septies della legge
176/1998) hanno stabilito il limite numerico complessivo dei lavoratori e la
tipologia delle imprese interessate dagli interventi.
In particolare tali norme hanno
disposto i requisiti da applicare, ai fini del conseguimento del diritto al
trattamento pensionistico, ai lavoratori ammessi alla mobilità lunga. Tali
lavoratori possono continuare ad andare in pensione di anzianità ai sensi
dell’art. 59, c. 6, 7, lettere a) e b), e 8 della legge 449/1997 e successive
modificazioni (in genere 57 anni di età e 35 anni di contributi).
L’art. 1, comma 1189 della legge
n. 296, inoltre, ha autorizzato, per l'attuazione della disposizione, la spesa
di 2 milioni di euro per l'anno 2007, di 59 milioni di euro per l'anno 2008 e
di 140 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009.
In sostanza i lavoratori
collocati in mobilità lunga, ai fini della maturazione dei requisiti per il
diritto a pensione, si trovavano già in regime di salvaguardia e, pertanto, non
dovevano essere inclusi nel limite numerico dei potenziali beneficiari della
salvaguardia di cui alla legge 214/2011.
Riteniamo, quindi, sia possibile
proporre il contenzioso con le motivazioni sopra riportate nel caso in cui un
potenziale beneficiario, appartenente a qualsiasi altra categoria di lavoratori
prevista dalla salvaguardia della legge 214/2011, si trovi escluso dal
beneficio della deroga per incapienza numerica.
Secondo le previsioni dell’Inps
non ci dovrebbero essere lavoratori esclusi per incapienza, ma il numero dei
beneficiari della salvaguardia è stato rispettato con la previsione
illegittima, operata dal decreto interministeriale del 1° giugno 2012, di
ulteriori requisiti e condizioni.
Pertanto nella proposizione del
contenzioso per i soggetti esclusi dalla salvaguardia a causa delle ulteriori
condizioni poste dal decreto interministeriale (in particolare per la categoria
dei lavoratori cessati sulla base di accordi di esodo e per quella dei
prosecutori volontari) si potrebbe sostenere, ad esempio, che è del tutto
immotivata ed illegittima l’introduzione dell’ulteriore condizione di nessuna
rioccupazione successiva alla cessazione dell’attività lavorativa o
all’autorizzazione alla prosecuzione volontaria.
3.4 Adeguamento dei requisiti
per il diritto a pensione per i soggetti collocati in mobilità o cessati sulla
base di accordi di mobilità o all’esodo individuale o collettivo
antecedentemente all’entrata in vigore della legge che ha introdotto
l’adeguamento dei requisiti in relazione all’incremento della speranza di vita
L’adeguamento dei requisiti per
il diritto a pensione in relazione all’incremento dell’aspettativa di vita va
applicato ai requisiti di età, per la pensione di vecchiaia, ed ai valori di
somma di età anagrafica e di anzianità contributiva, per la pensione di
anzianità con la quota. Tale adeguamento potrebbe comportare l’esclusione dalla
salvaguardia per diversi lavoratori.
Per i lavoratori collocati in
mobilità ordinaria la problematica è stata superata con nota prot. n.
29/0006109/L del 29 novembre 2012 con la quale il Ministero del lavoro ha
ritenuto che “si può far leva sull’incremento temporale in deroga della
mobilità al fine di perfezionare i requisiti pensionistici nell’ambito del
periodo complessivo di mobilità con onere a carico del Fondo per l’occupazione
e la formazione”.
In sostanza alle lavoratrici ed
ai lavoratori in mobilità ordinaria che non riescono a maturare il diritto a
pensione nel periodo di fruizione dell’indennità di mobilità, a causa dell’adeguamento
dei requisiti all'aspettativa di vita (per diritto alla pensione di vecchiaia o
di anzianità con la quota), la mobilità verrà incrementata temporalmente fino a
perfezionare i requisiti pensionistici vigenti prima del decreto legge 201/2011.
L’Inps, con circolare n. 76 del
8 maggio 2013 fa presente di aver richiesto, con nota del 10 aprile 2013, ai
competenti uffici ministeriali la copertura dell’impegno di spesa necessario
per il trattamento di mobilità in deroga e che per i lavoratori interessati è
in corso l’invio della comunicazione/certificazione del diritto di accesso alla
pensione in regime di salvaguardia.
Con la suddetta circolare l’Inps
specifica che tale “deroga” agisce anche per le lavoratrici in mobilità
ordinaria che accedono alla pensione di vecchiaia e che a causa
dell’innalzamento del requisito anagrafico disposto dalla legge 111/2011 non
perfezionano i requisiti pensionistici nel periodo di fruizione dell’indennità
di mobilità.
L’Inps aveva già anticipato con
messaggio n. 13343 del 9 agosto 2012 che, in esito ad approfondimenti
ministeriali, era stato stabilito che, con specifici interventi, i lavoratori
in mobilità ordinaria, cessati entro il 31 dicembre 2011 e che per effetto
dell’adeguamento agli incrementi della speranza di vita non perfezionavano i
requisiti nel periodo di fruizione dell’indennità di mobilità, sarebbero
rientrati nella salvaguardia.
La problematica resta ancora
aperta per tutte le altre categorie di lavoratori. Ci riferiamo in particolare
ai lavoratori cessati sulla base di accordi individuali o collettivi all’esodo
ed ai prosecutori volontari che, a causa dell’adeguamento dei requisiti per il
diritto a pensione in relazione all’incremento dell’aspettativa di vita, non
perfezionano la decorrenza della pensione entro 24 mesi dalla data di entrata
in vigore del decreto legge 201/2011, restando pertanto esclusi dalla
salvaguardia.
Per questi lavoratori, in
particolar modo per quelli cessati prima dell’entrata in vigore della legge n.
111/2011, che ha anticipato la decorrenza del primo adeguamento dei requisiti
al 1° gennaio 2013 (la legge 122/2010 lo aveva previsto dal 1° gennaio 2015),
riteniamo che possa essere posta la questione di costituzionalità.
3.5 Mancata previsione di un
innalzamento graduale dei requisiti anagrafici e contributivi per la pensione
di vecchiaia e di anzianità per le lavoratrici ed i lavoratori prossimi a
pensione
Il requisito contributivo minimo
per acquisire il diritto alla pensione di vecchiaia è per tutti di almeno 20 anni;
l’età minima richiesta, nel 2012, è di almeno 66 anni per tutti gli uomini e
per le donne iscritte all’INPDAP, di almeno 62 anni per le lavoratrici
dipendenti iscritte all’Inps e di almeno 63 anni e 6 mesi per le lavoratrici
autonome e per quelle iscritte alla gestione separata INPS.
L’età pensionabile delle
lavoratrici dipendenti e autonome si incrementa fino a raggiungere 66 anni,
stessa età degli uomini e delle donne iscritte all’INPDAP, a decorrere dal 1°
gennaio 2018; viene, inoltre confermato il meccanismo di adeguamento dell’età
di pensionamento in relazione all’incremento della speranza di vita introdotto
dalla legge 122/2010.
La lavoratrice dipendente del
settore privato nata il 31.12.1951 matura l’età pensionabile a 60 anni, la nata
il 1.1.1952 (il giorno dopo) la matura a 63 anni e 9 mesi, quella nata il
1.4.1952 compie l’età pensionabile a 65 anni e 9 mesi e le nate da giugno 1952
in poi maturano il diritto a pensione a 66 anni e 11 mesi (la differenza di età
pensionabile tra la nata a dicembre 1951 e quella nata a giugno 1952 è di ben 6
anni e 11 mesi).
Per le lavoratrici autonome lo
scalone è di ben 6 anni e 7 mesi (la lavoratrice nata a dicembre 1951 matura
l’età pensionabile a 60 anni, quella nata a gennaio 1952 la matura a 66 anni e
7 mesi).
Per maturare il diritto alla
pensione anticipata è richiesto il requisito contributivo di almeno 42 anni ed
1 mese per gli uomini e di almeno 41 anni e 1 mese per le donne,
indipendentemente dall’età anagrafica. Tali requisiti vengono aumentati di 2
mesi nel periodo 2013/2014 (1 mese l’anno) e vengono inoltre assoggettati agli
adeguamenti alla speranza di vita.
Con la sostituzione della
pensione di anzianità con la pensione anticipata vengono di fatto abolite le
pensioni di anzianità con le “quote”, che rimangono esclusivamente per i
lavoratori che svolgono attività usuranti e per quelli derogati dai nuovi
requisiti.
Il risultato: un lavoratore
dipendente nato nel 1952 che avrebbe maturato i requisiti della pensione di
anzianità con la quota nel 2012(60 anni di età e 36 anni di contributi), in base alla vecchia normativa avrebbe
conseguito la pensione nel 2013 (finestra di 12 mesi); con le nuove
disposizioni il lavoratore potrà accedere alla pensione anticipata non prima
del 2018 (5 anni dopo) con almeno 42 anni e 10 mesi di contribuzione.
È evidente che le modifiche
apportate incidono in modo repentino e non graduale sull’innalzamento dei
requisiti per il diritto a pensione.
In tutti casi in cui gli
assicurati, in prossimità temporale nel conseguimento del diritto a pensione
secondo il previgente ordinamento, si vengono a trovare, a causa dell’assenza
di norme transitorie per il passaggio dal vecchio al nuovo regime, senza lavoro
senza pensione e senza ammortizzatori per un lungo periodo potrebbe essere
richiesto il giudizio di costituzionalità della norma.
Un lavoratore nato fine novembre 1053 che poteva andare in pensione di vecchiaia nel 2013 va in pensione nel 2020!!! 7 anni dopo
RispondiEliminaDio mio è mai possibile che una Ministra neanche eletta con il voto ha potuto fare in un breve apparire tutto questo bordello? e va bene che servivano denari ma doveva "ciucciarli" tutti alle pensioni? ma dico e chi cavolo vuole andare più a lavorare per 1.000 € al mese sapendo di potere mollare a 70 anni. Cosa succede viene eletto un operaio inc...to e fatto ministro dell'economia decide che non si puo' avere singolarmente , non so, più di 1.000.000 € di patrimonio .... per legge bisognerebbe abbozzare? La tipa non si è resa conto della strada che ha aperto? anche per quelli dell'altra parte?
RispondiEliminaIntanto sono passati 20 mesi, e di salvaguardati se ne vedono un pò pochi.Sta passando tutto nel dimenticatoio.Il ministro ha detto che se ne parla a settembre.Con il governo sempre in bilico nonostante le rassicurazioni(a parole)dei partiti,le risorse che per quanto riguarda noi non ci sono mai.Sinceramente la vedo proprio brutta.
RispondiEliminaEsodato postale
A noi fanno vedere la crisi piu' nera, ma e' tutta un'apparenza....... solo per spillarci ancora piu' soldi e per farci credere che non ce ne sono per poterli dirottare in altri impegni di primordiale importanza.........
EliminaMa passeremo nel dimenticatoio solo perche' i sindacati non organizzano nulla , sono indaffarati nelle porcate, dicono per televisione quelle quattro cavolate solo per far notare a noi che ci " pensano" e che siamo sempre nei loro " pensieri" ! ! ! ! ! !
EliminaLa crisi e' solo per il popolo .......
RispondiElimina