sabato 29 giugno 2013

Modifiche che non saranno profonde: l’intervento che sicuramente dovrebbe andare in porto riguarda l’introduzione del sistema di flessibilità, in modo che sia possibile andare in pensione in anticipo rispetto ai requisiti richiesti in cambio di una penalizzazione sull’assegno previdenziale. Dovrebbe essere anche consentito poter restare di più sul posto di lavoro in cambio di un bonus sul vitalizio. In questo senso Cesare Damiano, Presidente della commissione Lavoro della Camera, ha già presentato la sua proposta per introdurre un sistema flessibile tra i 62 e i 70 anni.
E non è tutto, perché il Governo si occuperà anche degli esodati, ma non solo. Il ministro ha infatti detto: “Le tutele e le salvaguardie coprono oltre 130mila persone, ma il numero degli esodati è incerto. Ma oltre agli esodati ci sono gli esodandi, che ancora lavorano ma si troveranno nella stessa condizione. Poi i bloccati, che hanno perso il lavoro, pensavano di avere la pensione entro un anno e invece l’avranno forse tra cinque”. Ma alcuni faranno fatica ad aspettare settembre: chi è rimasto escluso dai tre decreti di salvaguardia ha infatti ricevuto dall’Inps per il versamento dei contributi, con scadenza 30 giugno.
Gli importi sono in alcuni casi consistenti (parliamo di circa 30.000 euro), ma cosa dovranno fare questi cittadini? Pagare o no? Farsi carico di questa spesa o confidare nel fatto che, visto che il Governo ha promesso di salvaguardare ancora loro, non avranno problemi con l’Inps? Alcuni hanno già scritto al Presidente della Repubblica (dopo aver fatto altrettanto - invano - con Letta e Giovannini) segnalando la strana situazione in cui si trovano, anche perché non sono riusciti ad avere chiarimenti dall’Istituto nazionale di previdenza sociale, né dai sindacati. Speriamo che Napolitano possa intervenire in loro aiuto.
L’idea di una staffetta generazionale sembra, invece, essere tramontata, Giovannini non ne ha fatto accenno. Mentre ha voluto dire qualcosa sulla questione “intergenerazionale” riguardante le pensioni. “Io sono stato colpito dalla riforma Dini che prevedeva metà pensione pagata dal retributivo, metà con il contributivo. Da ora è tutto contributivo: uno riceve una pensione basata su quello che ha pagato. È equità? Dobbiamo riconoscere che chi è già in pensione oggi riceve molto di più di quanto ha pagato. Equità è essere coerenti con le regole?”. Resta da capire se queste parole possono sibillinamente voler dire che un intervento sulle pensioni più consistenti è nei piani del Governo. Magari che vada al di là delle cosiddette pensioni d’oro, su cui la Consulta ha recentemente dichiarato inammissibile il contributo di solidarietà messo a punto dalla precedente legislatura. Del resto l’illegittimità di tale misura deriva dal fatto che venne circoscritta a una ristretta platea di soggetti, anziché a tutti coloro che sono titolari di redditi significativi.
Staremo a
vedere. Nel frattempo, come ha ricordato Giovannini, meglio darsi da fare sul
fronte della ripresa, perché “tutte queste discussioni vanno viste in un quadro
complessivo, volto a stimolare la crescita, altrimenti c’è il rischio di
pensioni da fame in futuro”.
(Leggi)
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