04/12/2012
In una lettera Inca, Inas, Ital e Acli, esprimendo apprezzamento per l'iniziativa della direzione dell'Istituto pubblico di previdenza nel rilanciare una seria discussione sull'argomento, sottolineano come “un numero di lavoratori e lavoratrici imprecisato, ma molto rilevante, è rimasto coinvolto e verrà coinvolto, a vari livelli e con implicazioni profondamente diverse sul piano economico e familiare, dagli effetti distorsivi della legge n. 122/2010 (ex. Art.12). Per ciascuno di loro le ricadute possono essere lievi o pesantissime fino alla negazione parziale o totale del diritto a pensione o alla perdita, in taluni casi, di interi anni di contribuzione.”
Secondo i patronati di Cgil, Cisl, Uil e Acli tra le situazioni più gravi deve essere annoverata quella di tutti i lavoratori che si sono trovati “incastrati” nelle nuove disposizioni senza alcuna possibilità di scelta sul proprio destino pensionistico. “Ricongiunzione e totalizzazione – scrivono - da semplici facoltà sono diventate per molti lavoratori e lavoratrici la strada obbligata e talvolta, a causa delle paludose regole di esercizio, neppure percorribile. Dopo la legge n. 122/2010, il sistema previdenziale si è irrigidito al punto che alcuni istituti previdenziali non sono più idonei a rendere effettive le tutele da essi previste.”
“Decorsi più di due anni – si legge nella lettera -, per le violazioni più gravi dei diritti previdenziali, scaturite dall'applicazione a volte pedissequa della norma e dagli squilibri generatisi nell'ordinamento previdenziale, la tutela giurisdizionale sembra rimasta l'unica possibilità di azione.”
Per evitare un pesante contenzioso di massa, i patronati del Ce.Pa hanno allegato alla lettera una nota tecnica dettagliata nella quale vengono analizzate le singole situazioni, indicando per ciascuna di esse le possibili soluzioni amministrative.
(Leggi)
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