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sabato 24 marzo 2012

Esodati in Lombardia

Il limbo dei diecimila esodati senza il lavoro e una pensione

Un esercito di persone che aspettano l’aiuto promesso dal governo. Nel 2011 in Lombardia si sono registrati quasi 50mila licenziamenti. 'Repubblica' ha raccolto cinque testimonianze

di ANDREA MONTANARI
Sono diecimila in Lombardia, secondo le stime dei sindacati, i cosiddetti “esodati”. Si tratta di quei lavoratori che sono stati incentivati ad abbandonare il loro posto in cambio del diritto alla pensione. O di coloro che si trovano ancora in mobilità, ma stanno versando volontariamente i contributi. Con l’entrata in vigore della riforma Fornero anche questi lavoratori non possono più vantare il diritto alla previdenza subito e si trovano nella drammatica situazione di essere senza stipendio e senza pensione. La posizione più critica è quella di chi ha sottoscritto un verbale di conciliazione per avviare un prepensionamento, o dato la sua disponibilità all’intesa prima del 6 dicembre 2011: data che il decreto Milleproroghe fissa come spartiacque tra il precedente trattamento pensionistico e quello ora in vigore.
Esodata postale di Brescia davanti al MEF

Con l’eliminazione del sistema delle “quote” e l’introduzione dell’unico criterio di 41/42 anni di contributi versati, infatti, i cosiddetti “esodati” sono finiti in un limbo che li lascia completamente scoperti. Da un lato, perché hanno già lasciato il lavoro. Dall’altro perché non hanno ancora maturato i nuovi requisiti per andare in pensione, senza contare gli effetti della seppur graduale parificazione dell’età pensionabile tra uomini e donne. Solo nel 2011 i licenziamenti in Lombardia sono stati 17.700 nelle aziende con più di 15 dipendenti e 31.494 in quelle sotto questa soglia. Quelli che sono entrati in procedure di mobilità, che per gli over 50 dura 36 mesi, nello stesso periodo sono stati 54.504. I sindacati sono preoccupati: «Abbiamo chiesto al governo che per tutte le persone in questa condizione valgano le regole precedenti - spiega Elena Lattuada (Cgil Lombardia) - Occorre trovare una soluzione economica che permetta a chi aveva già fatto i conti di far valere il diritto alla pensione che con le vecchie regole aveva già maturato».
Finora il decreto Milleproroghe ha studiato solo alcune di queste situazioni. Le stime del governo si sono dimostrate sbagliate per difetto e sono venute a mancare le risorse per colmare la differenza dei costi. L’articolo 6 bis del decreto legge 216 del 2011, infatti, stabilisce che «qualora risultasse sulla base di un monitoraggio» il raggiungimento del limite delle risorse previsto, «le ulteriori domande relative ai lavoratori “esodati” potranno comunque essere prese in considerazione dagli enti previdenziali in deroga a quanto previsto» ma solo a condizione che con un apposito decreto interministeriale «sia stabilito un incremento delle aliquote contributive non pensionistiche a carico di tutti i datori di lavoro» del settore privato. Il governo sta cercando ancora una soluzione e ha assicurato che entro il 30 giugno verrà varato un decreto ad hoc per gli “esodati”. Finora, tuttavia, dal ministro Elsa Fornero è arrivata solo una timida apertura: per il momento il futuro di questi ormai ex lavoratori resta appeso a un filo.
L'INFORMATICO.
Enzo Intropido, 59 anni, era operatore all’Ibm. L’azienda, determinata a sfoltire il personale, a maggio 2010 ha proposto le dimissioni incentivate a lui e ad altri 400 colleghi. «Avevamo una cassa mutua aziendale interessante, che sarebbe però svanita una volta in pensione spiega così accettai un’aspettativa non retribuita di due anni fino al compimento dei 60 anni, compensata dall’incentivo, e salutai l’azienda. Ora mi trovo senza lavoro, senza pensione e senza la cassa mutua». Già, perché se Intropido avesse firmato subito le sue dimissioni nel 2009 con la “quota” 97 (37 anni di lavoro più 60 anni d’età quest’anno), ora sarebbe tranquillo: «Avevo già il periodo di contribuzione sufficiente e uno stipendio sui 3.500 lordi al mese, chi avrebbe mai pensato di finire così?«. Ora Intropido è a carico di sua moglie, anche lei impiegata Ibm, ha una figlia di 10 anni ancora da crescere e, si rammarica, «fino al 2016 sarò a spasso. Ho provato a riciclarmi anche in altri settori, ma non trovo nulla. Ho anche pensato di consultare un avvocato perché penso che cambiare così le carte in tavola possa essere anticostituzionale, ma poi temo di non potermi permettere le spese legali».
L'INGEGNERE. Claudio Ardizio, 58 anni, ha una figlia già sposata e la moglie che, per fortuna, il lavoro ce l’ha ancora. Ingegnere alla Wind, uno stipendio da “quadro”, il 30 dicembre 2009 è stato “esodato”. «Con entrambi i genitori anziani non autosufficienti spiega Ardizio avevo chiesto di usufruire della legge 104, quella che permette di assentarsi dal lavoro per assistere familiari con handicap, ma l’azienda mi ha fatto una controproposta allettante: tre annualità di incentivo e la prospettiva di andare tranquillo in pensione». All’ingegnere sembrava una buona idea: ai tempi sarebbero bastati tre anni di contributi per integrare quelli mancanti e tutto sarebbe stato risolto. Invece, a parte l’imprevisto esborso di 90mila euro per la differenza contributiva, i tempi ora si sono dilatati: «Invece che a luglio 2013 dovrò andare a luglio 2015, se Fornero non trova una soluzione». Nel frattempo Ardizio non si è perso d’animo: si è aperto una partita Iva per colmare i contributi previdenziali, fa qualche consulenza e si è rimesso a studiare: «Mi mancano tre esami per la laurea in astrofisica. Magari un giorno mi potrebbe servire...».
LA POSTINA. Lucia Putaggio ha 57 anni e una vita passata a lavorare alle Poste, ufficio Udr di Baggio: separata, con tre figli di cui uno disoccupato, nel settembre scorso decide di accettare la proposta dell’azienda: 4 annualità di incentivo ma niente contributi pagati. «Avevo la mamma inferma e pagavo una badante spiega l’ex postina ho pensato che stando a casa avrei potuto risparmiare, con la prospettiva di andare in pensione nel 2016, 30 anni di contributi e 61 anni di età. E invece temo che fino al 2022 non vedrò un soldo». All’ufficio distribuzione prendeva 1.200 euro mensili, inclusa l’indennità di turno: «Mi sono alzata trent’anni alle 4 del mattino per essere al lavoro alle 5. Tanti sacrifici che ora mi sembrano inutili». Come tanti ex colleghi passa le giornate al computer, «così ci teniamo informati su quello che il governo fa e disfa tutti i giorni, e ci scambiamo idee sul blog». Per ora la buonuscita le permette una vita dignitosa, «ma pensando al futuro non so come farò, la notte ho gli incubi. Curo la nipotina, così mia figlia risparmia sulla baby sitter e mi dà qualche soldo da metter via. Se solo mi fossi fatta una pensione integrativa forse non sarei ridotta così».
LA COPPIA. “Esodati” in coppia. Daniela Gandolfi e Elio Ghisalberti, 58 anni lei, 59 lui, sposati con due figli grandi, lavoravano entrambi all’Ikea di Carugate. Ad agosto 2010 l’idea che sembrava meravigliosa a entrambi, approfittare dell’incentivo pari a 3 anni di retribuzione e pensare ad una nuova vita: «Tra la mia anzianità e la “quota 97” di mio marito avevamo calcolato che con tre anni di contributi ce la saremmo cavata per fine 2013. Ora tutto è più nebuloso: c’è chi ci dice che forse rientriamo nei “salvati” e chi no». Un piccolo pezzo di terra ereditata doveva essere la vita per il dopo pensione: «Pensavamo a una piccola azienda agricola, ma ora non ci permettiamo alcun investimento. Temiamo che la pensione rimanga un miraggio. Però abbiamo seminato le verdure: almeno il cibo ce lo garantiremo, visto che rischiamo di rimanere a bocca asciutta per altri cinque anni». Potendo tornare indietro, dice Daniela, farebbe mettere una postilla obbligatoria prima di firmare qualsiasi contratto di dimissione incentivata: «Se il governo cambia le leggi - dice scherzando, ma non troppo - l’azienda dovrebbe essere tenuta a reintegrare il lavoratore gabbato».
(24 marzo 2012)

 

2 commenti:

  1. Queste storie,raccontate su Repubblica Milano, sono solo 4 delle migliaia che stanno dietro a noi esodati.vorrei tanto dire al Ministro : ci ha promesso un provvedimento ad hoc, la esorto a farlo bene, ma in fretta ne' va del nostro futuro e quello delle nostre famiglie. Paola

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  2. questi sono i disastri che ha fatto la fornero,ma se esiste una giustizia non dovrebbero bastargli dieci guardie del corpo quando va in giro perché ha già qualcuno sulla coscienza, sempre ammesso che ne abbia una.

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