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giovedì 1 marzo 2012

PENSIONI/ Esodati e precoci: un "vademecum" sul Milleproroghe
Pasquale Passalacqua (*Avvocato e Professore di Diritto del Lavoro)
giovedì 1 marzo 2012
Pasquale Passalacqua
Con l’approvazione in terza lettura senza emendamenti da parte della Camera dei Deputati lo scorso giovedì 23 febbraio, il Parlamento ha varato la legge di conversione del decreto milleproroghe 2012 (d.l. n. 216/2011) a seguito di un faticoso iter parlamentare, scandito da numerose proposte di modifica all’originario testo del decreto legge. Vogliamo qui evidenziare le novità introdotte in materia pensionistica concernenti due particolari categorie di lavoratori, per le quali era emersa l’esigenza di mitigare alcuni effetti derivanti dall’ultimo intervento generale in materia pensionistica promosso dall’attuale Governo nell’ambito della cosiddetta manovra “salva-Italia” (art. 24, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, primo comma, l. 22 dicembre 2011, n. 214).
Innanzitutto, deludendo diffuse attese, nessuna novità per i lavoratori addetti a lavorazioni “usuranti”, per i quali restano ferme le nuove norme introdotte dal decreto salva-Italia (artt. 17 e ss., d.l. 201/2011), con l’anticipazione del pensionamento, ma con l’eliminazione dello sconto di tre anni sull’età pensionistica. Invece, la prima delle due categorie interessate è quella dei cosiddetti lavoratori “precoci”, quelli cioè che hanno iniziato a lavorare molto giovani e che per questo sono stati toccati già dalle norme del decreto salva-Italia, che hanno ridisciplinato la cosiddetta pensione di anzianità (basata sull’anzianità contributiva), mutandone anche la denominazione in “pensione anticipata” (da intendere rispetto a quella di vecchiaia, art. 24, comma 3, lett. b), d.l. n. 201/2011, convertito nella l. n. 214/2011). Quella normativa introduceva un meccanismo di penalizzazione da uno a due punti percentuali per ogni anno di anticipo sulla quota di trattamento pensionistico, per il lavoratore che accedesse alla pensione prima dei 62 anni (art. 24, comma 10, secondo e terzo periodo, d.l. n. 201/2011, convertito nella l. n. 214/2011).
Intervenendo sul punto, invece, ora in favore dei lavoratori che maturino entro il 31 dicembre 2017 l’anzianità contributiva minima viene riconosciuta la possibilità di accedere alla pensione “anticipata”, senza incorrere nelle penalizzazioni previste dal decreto salva-Italia, anche se non abbiano compiuto i 62 anni di età (art. 6, comma 2-quater, d.l. n. 216/2011, aggiunto dalla legge di conversione). Il beneficio viene concesso a patto che il periodo minimo di contribuzione (42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne, poi incrementato) venga raggiunto attraverso contributi derivanti da prestazione effettiva di lavoro, compresi i contributi figurativi derivanti da periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l’assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria. Va rilevato che non è stata accolta la proposta di considerare anche i periodi di maternità facoltativa, di cassa integrazione straordinaria e di riscatto di laurea.
Inoltre, è stata prevista un’ulteriore agevolazione in favore dei lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 risultano essere in congedo per assistere familiari con disabilità grave, per i quali restano applicabili le previgenti norme, a patto che maturino entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del periodo di congedo il requisito contributivo dei 40 anni previsto dalla previgente normativa per l’accesso al pensionamento indipendentemente dall’età anagrafica (art. 2-septies d.l. n. 216/2011, introdotto dalla legge di conversione che aggiunge il comma e-bis all’art. 24 d.l. n. 201/11, convertito nella l. n. 214/2011).
In ogni caso, il tema più caldo del dibattito parlamentare si è rivelato quello relativo alla sorte pensionistica dei lavoratori cosiddetti “esodati”, ovvero quei lavoratori di aziende in crisi che hanno accettato di lasciare l’azienda pensando di raggiungere la pensione nel giro di pochi mesi, ma che, in base ai nuovi più stringenti requisititi fissati in generale dal legislatore nella manovra di Monti, si ritrovano ora senza lavoro e, in alcuni casi, senza alcun trattamento previdenziale che li accompagni fino alla pensione, la cui decorrenza risulta posticipata rispetto al passato.
Si tratta di soggetti collocati in mobilità, anche lunga, o che godevano di trattamenti analoghi previsti da accordi collettivi, ovvero siano stati ammessi alla prosecuzione volontaria dei contributi in vista del successivo raggiungimento dei requisiti pensionistici minimi per accedere alla pensione, in base ad accordi sindacali. A questi soggetti, nel decreto Monti del novembre 2011 veniva garantita l’applicazione dei più favorevoli requisiti di accesso al pensionamento in precedenza vigenti, a patto che i suddetti accordi sindacali fossero stati stipulati in data antecedente al 4 dicembre 2011 [art. 24, comma 14, lett. a), b) e c), d.l. n. 201/11].
Con riguardo alla suddetta categoria di lavoratori la legge di conversione del d.l. n. 216/2011 ha previsto innanzitutto lo slittamento al 30 giugno 2012 del termine per l’emanazione del decreto con il quale dovranno essere definite le modalità di richiesta di applicazione delle norme previgenti alla riforma pensionistica contenuta nella legge n. 214/2011. Ampliando in ogni caso la platea dei destinatari, la norma introdotta dalla legge di conversione del d.l. 216 ha poi esteso il beneficio della “immunità” dai nuovi requisititi pensionistici - oltre ai lavoratori individuati dal decreto salva-Italia (art. 22, comma 14, d.l. n. 201/11, convertito dalla l. n. 214/2011) - anche ai lavoratori che abbiano risolto il rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2012, o in base ad accordi collettivi ovvero anche in base ad accordi individuali, a patto che la data di cessazione del rapporto di lavoro risulti da elementi certi e oggettivi (comunicazioni obbligatorie agli ispettorati del lavoro o ad altri soggetti equipollenti) e “il lavoratore risulti in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo entro un periodo non superiore a ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011” (art. 6, comma 2 ter, d.l. n. 216/2011, introdotto dalla legge di conversione).
In merito all’ultimo requisito va considerato che la norma parla di decorrenza del trattamento e non di maturazione del diritto, per cui, siccome vige il sistema delle finestre per avere diritto alla pensione, il periodo di 24 mesi in sostanza risulta più breve, in misura diversa a seconda dei casi. Va inoltre sul punto rimarcata una differenza rispetto a quanto previsto dal decreto salva-Italia in relazione ai lavoratori collocati in mobilità, anche lunga, “sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011” (art. 24, comma 14, lett. a) e b) del d.l. n. 201/2011). In quel caso invero gli effetti con riguardo alla cessazione del rapporto di lavoro possono pertanto anche essere dilazionati nel tempo, nei termini fissati dagli stessi accordi collettivi. Invece, la seconda ipotesi introdotta dalla legge di conversione ha confini temporali certi, dati dalla data del 31 dicembre, entro al quale “il rapporto di lavoro si sia risolto”. E infatti viene previsto un meccanismo di necessaria certificazione di tale data.
Resta da aggiungere che in relazione a tale ultimo caso restano fuori dalla deroga i lavoratori coinvolti in procedure di licenziamento individuale e collettivo avvenuti in assenza di accordi, nonché i lavoratori per i quali è iniziata, ma non si è conclusa, la procedura di licenziamento.

7 commenti:

  1. Non mi sembra un resoconto completo, in quanto al suo elenco mancano quelli che come me son usciti da Poste Italiane con un accordo collettivo nel 2010, ma che sarebbero andati in pensione nel 2014, o ai primi del 2015, cioè al conseguimento dei 61 anni e 3 mesi. Per queste persone ora la nuova e maledetta riforma ha spostato fino alla fine del 2020 e oltre l'inizio del pensionamento. Parliamo quindi di altri sei o sette anni senza pensione. Sono migliaia di persone e quindi migliaia di famiglie che si troveranno ad affrontare tempi veramente brutti senza nessun supporto redditizio ma con tante tasse in arrivo e con i rincari che l'aumento irresponsabile dell'IVA fatto da questo governo di "tecnici" ha determinato. Che fine faranno queste famiglie?
    Povere e senza dignità, vittime di un governo che non hanno eletto e che ha dichiarazioni dei redditi da paura. Una parola sola indirizzata ai ministri e a chi li appoggia : VERGOGNA!

    Esodata postale con 35 anni di contributi ma sfortunatamente nata nel 1953.

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  2. FATECI ANNULLARE L'ACCORDO CON POSTE ITALIANE, PERCHE NON E' UNA AZIENDA IN CRISI, SOCIO DELLO STATO. SAREBBE UN COSTO ZERO PER IL GOVERNO!!

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    1. il ministro fornero, non fà altro che rinviare l'emendamento per gli esodati e noi poveri comuni mortali stressati giorno dopo giorno,in attesa che si sblocchi qualcosa.Sono nella stessa situazione della ex collega mari53 e daccordo con anonimo 06:21.Nel caso in cui, non dovessimo rientrare ai fini pensionistici con il vecchio sistema,fare annullare l'accordo firmato con poste italiane e far rientrare al lavoro il personale fino alla pensione, perchè se nò moriremo di fame.

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  3. Come pagheremo le tasse se non avremo nessun sostentamento? Almeno questa categoria di persone esodate devrebbero essere esentati per sette anni da qualsiasi imposta diretta e indiretta, perchè non potranno trovare un lavoro a 60 anni e non potrebbero pagare nessuna tassa. L'anomalia è cosi' evidente che il ministro Fornero dovrebbe prendere un provvedimento di riparazione per aver fatto una riforma troppo frettolosa per salvare l'Italia e affossando in miseria gli esodati di Poste Italiane.

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  4. Il ministro Fornero dovrebbe tornarsene nella sua bella e ricca villa a contare i suoi soldi e versare lacrime di coccodrillo sui suoi bei tappeti persiani...

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  5. Più che anomala questo decreto è anticostituzionale.Ci sono precedenti in cui la Corte Costituzionale ha censurato norme che hanno leso principi di ordine costituzionale assimilabili alla questione ESODATI. Questa comunicazione stava sul sito di un sindacato. Cosa ne pensate?????? Potrebbe essere la molla che farebbe ribaltare il nostro futuro di povertà voluto dalla Fornero.
    La fonte normativa che ingenera il sospetto di anticostituzionalità dei comportementi del Governo potrebbe anche esserci.
    Di certo nella questione esodati non ci sono nè vinti nè vincitori, tenuto conto che una vasta platea di personale esodato (ad esempio di Poste Italiane) è ancora rimasto fuori dalle coperture del decreto Milleproroghe riformato dalla legge di conversione, pertanto rimaste prive del lavoro e senza alcun sostegno economico adeguato.
    Ci rifacciamo alla sentenza della Corte Costituzionale del 4-14 luglio 1988 che viene citata in una circolare Inps diretta alle strutture, dal contenuto molto esplicativo.
    E ci domandiamo se nel testo delle norme scritte dal Governo, che sul tema degli esodati divide in due la platea (vincolo dei 24 mesi della decorrenza dell'assegno a partire dal 6.12.2011 per ottenere il trattamento preesistente al decreto salvaItalia) non ci sia un vizio..., perchè potrebbe ledere il principio costituzionale della garanzia della sicurezza sociale, oltre che per ragioni di ingiustizia sociale e di disequità.
    La sentenza n. 822/1988, evidenzia non la sperequazione a danno di una precisa categoria di assicurati nell'ambito di una norma transitoria destinata ad altri, bensì l'inesistenza di un regime transitorio a tutela di tutta una indefinita categoria di assicurati non esattamente individuabile se non come prossima alla pensione alla data del 1° luglio 1982.
    Ovviamente il potere legislativo è del Parlamento e pertanto toccherebbe comunque allo stesso correggere ogni comportamento, ma siamo possibilisti a che il Governo nell'ambito del confronto sui temi del lavoro faccia pendere anche la questione esodati... mettendola in conto alle cose offerte al sindacato e per cui ci stiamo battendo."""
    SI POTREBBE CHIEDERE QUESTA INCOSTITUZIONALITA' DEL DECRETO PENSIONI?

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    1. Buonasera , sono un lavoratore esodato da Unicredit Banca , cessato dal servizio il 31/12/2008 ho avuto accesso al fondo di solidarieta' di categoria in base al D.M. 158/2000 L' 1/01/2009 .

      La banca ha incentivato l'esodo con poco piu' di 7.000,00 € ( pensate neanche 5 mensilita' ) .

      In base ai calcoli fatti dall'istituto a cui ho dato l'autorizzazione a richiedere per mio conto il modello ecocert all'INPS , staro' nel fondo di solidarieta' dall' 1/01/2009 al 31/12/2012 .

      Dall' 1/01/2013 avrei maturato il requisito per la pensione con 60 anni di eta' e 37 anni di contributi , come da documentazione dell'accordo con la banca in mio possesso ed inoltre comunicatomi anche dall'INPS con lettera del 26/03/2009.

      In questa lettera , l'INPS di Milano Missori tra l'altro mi dice anche di presentare domanda di pensione in tempo utile e prima dell/1/01/2013 , che l'assegno di sostegno al reddito e' stato calcolato con il sistema retributivo sulla base di numero 1966 contributi settimanali .

      A questo punto mi chiedo , come faccio a vivere dal 1° Gennaio 2013 quando in base a queste nuove leggi sulle pensioni rischio di rimanere senza assegno di sostegno e senza pensione ?

      Non e' giusto lasciare senza reddito e senza pensione migliaia di persone che come me hanno fatto degli accordi parecchi anni prima , senza infrangere alcuna norma o legge .

      Sul fatto che si debbano fare delle riforme in questo paese , sono io il primo a dirlo , ma cominciare sempre dai piu' deboli e indifesi e' facile.

      E poi , ci vuole anche un po di umanita' , non si possono cambiare le regole del gioco in corsa , lasciando migliaia di famiglie in una situazione di assoluta poverta' . Così e' semplicemente macelleria sociale .

      Ho mia moglie a carico , mia figlia di 35 anni disoccupata con una bambina di due anni .

      A 60 anni dove lo trovo un'altro lavoro ?

      Come faccio a far fronte a tutto questo senza pensione ?

      Al primo Gennaio 2013 se non mi danno la pensione come da accordi , dopo una vita di onesto lavoro , forse non mi rimane che farla finita.

      Non cerco compassione e non voglio neanche impietosire nessuno , voglio solo che lo stato tuteli i cittadini e che rispetti gli accordi che questi hanno sottoscritto parecchi anni prima senza infrangere le leggi del momento.

      Voglio che i sindacati ai quali sono stato iscritto per tutta la mia vita lavorativa , facciano seriamente gli interessi dei cittadini e non pensino a qualche poltrona , magari politica , come tanti esempi che abbiamo sotto gli occhi .

      In uno stato civile queste cose non dovrebbero nemmeno essere messe in discussione .

      La riforma delle pensioni e' stata fatta in pochissimi giorni ed e' quasi passata sotto silenzio . Ci vuole piu' cuore e incisivita' nel difendere i diritti dei cittadini ai quali con certi provvedimenti gli si stravolge la vita.

      Vi auguro una buona serata ,

      Ferdy .

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