Riforma Pensioni, Furlan: torni la pensione con le quote
Scritto da
Bernardo Diaz
La leader della Cisl ribadisce la necessità di intervenire sulla
Riforma Fornero per garantire maggiore flessibilità in uscita. Critico
il giudizio sulla previdenza complementare colpita dal Governo con la
Finanziaria 2015.
Non si può rimettere in discussione la legge Fornero senza gravare sui
conti pubblici. Abbiamo ben presenti le compatibilità di bilancio. Ma
non meno che l'occupazione giovanile è in forte sofferenza e che il
sistema previdenziale oggi è troppo rigido. E' quanto afferma il
segretario della Cisl Furlan dalle pagine del quotidiano Avvenire.
Occorre invece ripristinare una certa flessibilità in uscita e tener
conto che non tutti i lavori, e non tutti i lavoratori, sono uguali: le
persone hanno esigenze differenti e a 67 anni è diverso stare seduti a
una scrivania o salire su un'impalcatura. Bisogna far sì, perciò, che
sia possibile andare in pensione dopo un certo numero di anni di
contribuzione, in combinazione a una certa età".
L'ipotesi della sindacalista è di ripristinare, insomma, il sistema delle quote, cioè la vecchia pensione di anzianità.
Ma a che livello? La Furlan non fissa soglie specifiche, anche se
l'ipotesi di partenza - sostiene la sindacalista - è quella che ha
rilanciato il Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare
Damiano: cioè la quota 100 con un minimo di 60 anni e 35 anni di
contributi. "Questa è la strada a condizione però che a 40 o 41 anni al
massimo resti l'uscita indipendentemente dall'età anagrafica e si
cancelli quel controverso sistema di penalizzazioni che colpisce oggi
solo una parte dei lavoratori". Inoltre, - ricorda la Furlan - si
possono incentivare con contributi figurativi
o sgravi fiscali le "staffette" tra un lavoratore anziano che passa a
part-time e un giovane che entra in azienda e impara un mestiere.
L'altro problema che sottolinea la Furlan è la stangata sulla previdenza complementare.
La finanziaria 2015 rischia di far danni anche nel campo previdenziale,
grazie all'aumento delle tasse sui fondi pensione. "L'impatto della
nuova aliquota balzata in un sol colpo dall'11,5 al 20% sarà quello di
assottigliare l'assegno integrativo nel futuro. Un'assurdità,
vista la progressiva magrezza delle nuove pensioni, complice la
frammentazione delle carriere, il passaggio al contributivo puro con
stipendi in media bassi, il Pil depresso di questi anni.
Colpire la previdenza integrativa non sembra dunque una mossa furba.
Basti pensare che tra il 50 e il 60% dei dipendenti privati versa il Tfr
nei fondi, proprio per accumulare un tesoretto extra negli anni della
vecchiaia. In tutto sono 6 milioni i lavoratori italiani iscritti, uno
su quattro. L'effetto della stangata sarà quello di avere pensioni
integrative più povere domani (fino al 13% in meno), oppure versamenti
più salati oggi ( fino al 12% in più) per mantenere lo stesso assegno
futuro. I più penalizzati saranno i giovani. Renzi aveva promesso di
intervenire. Ma la soluzione trovata, non ancora attiva, quella del
credito di imposta ai fondi pensione, non sembra poter avere una
ricaduta sul lavoratore" .
(Leggi)
Leggi anche: Il Sussidiario e Pensioni, Furlan: bisogna reintrodurre la pensione di anzianità
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