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venerdì 14 giugno 2013

Pensioni, dall'esecutivo si attende una risposta agli esodati

Pensioni, dall'esecutivo si attende una risposta agli esodatiPensioni, dall'esecutivo si attende una risposta agli esodati
Scritto da  Damiano Pulvirenti
Molti i nodi irrisolti sul fronte previdenziale per decine di migliaia di lavoratori. Esodati, ricongiunzioni e perequazione automatica sono alcune delle emergenze per le quali si attende un intervento   
Esodati, ricongiunzioni, totalizzazioni, perequazione automatica, sono alcune delle que­stioni che il nuovo governo ha avuto in eredità dagli anni precedenti. Si tratta di questioni di elevata rilevanza sociale perché incidono in misura determinante sul potere d'acquisto dei pensionati o di coloro che, pur pensando di aver diritto ad una pensione, hanno visto tale diritto svanire quasi all'improvviso a causa delle modifiche normative apportate dal Parlamento con il Dl 201/2011 e le precedenti manovre estive.
Sugli «esodati» la legge di stabilità 2012 ha introdotto alcune modifiche, ampliando ad altri 10mila lavoratori la possibilità di accedere al pensionamento secondo le regole prece­denti la riforma «Monti-Fornero», e stanziando oltre 500 milioni di euro per far fronte, tra il 2013 e il 2020, al pagamento delle pensioni dei lavoratori interessati.
Nel complesso, tra finanziamenti disposti dalla legge n. 214/2011, di conversione del Dl n. 201/2011 («Salva Italia»), in parte modificati dalla legge n. 14/2012, di conversio­ne del Dl n. 216/2011 («Milleproroghe»), poi aggiunti dalla legge n. 135/2012, di conversione del Dl n. 95/2012 («Spending review»), e infine dalla legge n. 228/2012 (Legge di stabilità 2013), il Parlamento ha stanziato quasi 10 miliardi di euro, per finanziare il pagamento delle pensioni di circa 130mila «esodati», nel periodo compreso tra il 2013 e il 2020.
Affinché le norme di legge finalizzate alla salvaguardia dei diritti pensionistici dei lavoratori «esodati» siano applicate, sono stati emanati tre decreti ministe­riali attuativi: il «Dm 1° giugno 2012», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2012, che detta le modalità operative per il pensionamento di 65.000 lavoratori, e il «Dm 8 ottobre 2012» pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 gennaio 2013, che detta le medesime modalità relativamente ad altri 55.000 lavoratori e il Dm 22 Aprile 2013 che detta la disciplina per ulteriori 10.130 lavoratori
Con riferimento ai primi dei due decreti, tali modalità si sono rivelate assai farraginose, al punto che il Ministero del lavoro sta ancora provvedendo al monitoraggio delle domande presentate dai lavoratori alle Direzioni territoriali del lavoro, che saranno successivamente inviate all'Inps per la compilazione della graduatoria dei lavoratori aventi diritto. Per effetto di tale mancata definizione, ci sono lavoratori che, pur avendone effettiva­mente diritto, non possono ancora vedersi liquidata la pensione. Altri invece hanno già ricevuto la comunicazione di essere nel contingente.
L'esatto numero degli esodati
Il succedersi di norme è stato sovente accompagnato da polemiche, soprattutto motivate dalla circostanza che il decreto "Salva Italia", a causa delle frettolosità della sua emanazione e conversione in legge, non aveva completamente previsto l'esatto numero di tutti i lavoratori che potessero essere considerati «esodati». Ancora oggi tale numero non è del tutto chiaro, oscillando tra stime minimali 200.000, e massimali di 300.000 lavoratori ma comunque ben oltre la cifra attualmente oggetto della salvaguardia (130mila persone). Se così stanno le cose, restano da emanare ancora norme che consentano di ammettere al pensionamento, secondo le regole previgenti la riforma «Monti-Fornero», un numero di lavoratori oscillanti tra 70.000 e 170mila.
I programmi di quasi tutti i partiti che sostengono il governo di "salvezza" nazionale guidato da Enrico Letta sembrano orientati a risolvere una volta per tutte il problema ma ancora ad oggi non è dato sapere se e in che misura il governo interverrà.
Ma il 2013 non ha ereditato solo il problema degli «esodati». Permangono infatti altre questioni, in parte ereditate dal decreto «Salva Italia» in parte provenienti da norme precedentemente emanate.
Il blocco della perequazione
Innanzitutto per il 2013 resta vigente il blocco della perequazione automatica delle pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo: si tratta di pensioni di importo di poco inferiore a 1.500 euro al mese, che già lo scorso anno non hanno usufruito dell'aumento base pari al 2,7%, e che quest'anno non vengono incrementate nella misura base del 3%.
Per comprendere meglio la portata della norma occorre considerare che l'85% delle pensioni Inps erogate dall'Inps nel 2012 non superava la somma di 1.500 euro al mese. Di fronte a tale cifra, è evidente che non si possono considerare pensioni «d'oro» quelle di importo non molto superiore a tale soglia, tanto più che si tratta di importi al lordo delle ritenute fiscali.
Per quanto complicato sia individuare il livello «dell'asticella pensionistica» al di sopra della quale imporre sacrifici ai pensionati, non si può non considerare, ad esempio, che si sarebbe potuta prevedere una diversa modulazione del blocco dell'aumento perequativo, prevedendo una percentuale gradualmente diversificata in ragione del progredire dell'importo pensionistico, salvaguardando in tal modo una più ampia area di ceti che dispongono della pensione come unico reddito fisso.
Nella direzione di «elevare l'asticella» sembra muoversi la legge «di stabilità 2013», che detta una norma in applicazione della quale nel 2014 la rivalutazione automatica non sarà applicata sulle fasce di importo pensionistico superiore a sei volte il trattamento minimo: si tratta di poco meno di 3.000 euro al mese.
Tale norma aggiunge che nel medesimo anno 2014 l'aumento perequativo automatico non sarà corrisposto sui trattamenti vitalizi erogati alle persone che hanno ricoperto, o ricoprono, cariche elettive regionali e nazionali: in questo caso il blocco perequativo opera su tutto il trattamento, senza che sia prevista alcuna «asticella».
Ricongiuzione e totalizzazione
Considerazioni particolari meritano poi alcune norme dettate dalla legge «di stabilità 2013» in merito alla ricongiunzione e alla totalizzazione dei periodi contributivi. Con riferimento alla ricongiunzione sono noti i termini del problema: oneri eccessivi, in parte derivanti anche da una nonna emanata nell'estate del 2010 che, abrogando una legge del 1958, ha cancellato la possibilità di costituire gratuitamente la posizione assicurativa presso l'Inps da parte di persone che avevano lavorato per pochi anni nel pubblico impiego senza aver maturato il diritto a pensione in tale forma lavorativa.
La legge «di stabilità 2013» ha affrontato in parte il problema prevedendo che i lavoratori, appartenenti alle quattro Casse pensionistiche poi confluite nell'Inpdap, già interessati dalla norma abrogata, che abbia­no cessato l'attività lavorativa entro il 30 luglio 2010, possono, a domanda, costituire la posizione assicurativa presso l'assicurazione generale obbligatoria dell'Inps, «Me­diante versamento dei contributi determinati secondo le norme della predetta assicura­zione». L'ammontare dei contributi viene poi portato in detrazione dell'eventuale «inden­nità una tantum»: è comunque esclusa dalla legge la possibilità di percepire arretrati pensionistici.
E' stato osservato che i problemi derivanti dai costi eccessivi della ricon­giunzione possono essere superati dalla totalizzazione, che non prevede costi a carico del lavoratore. A tale osservazione va ribattuto che la totalizzazione viene calcolata con il sistema interamente contributivo, e che quindi ai lavoratori viene chiesto comunque di sostenere un costo, in questo caso in via indiretta, rinunciando a parte del reddito pensionistico al quale invece avrebbero avuto diritto se avessero potuto accedere ad un trattamento calcolato con il metodo retributivo.
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