La gestione degli “esodati” sta marcando con maggior decisione la linea su cui il governo e il Pd hanno scelto di distinguersi in questo inverno della politica italiana. La proposta è di aumentare l’imposta marginale dal 43 al 45 per cento per i redditi superiori ai 150mila euro per coprire gli “esodati”. C’è però un’alternativa più coerente e comunque equa: innalzare il reddito massimo su cui si pagano i contributi sociali all’Inps, pari a 93.622 euro nel 2011. Se il problema è pensionistico, lo dobbiamo coprire con le risorse che arrivano all’Inps, non con la fiscalità generale. Ogni volta che abbiamo mischiato le due gestioni in passato, abbiamo commesso errori, creato privilegi e ridotto l’equità.
Andiamo con ordine. Gli “esodati” sono lavoratori che si sono licenziati per un impegno del datore di lavoro di pagarli senza che lavorassero, versare i contributi per un periodo da pochi mesi a due anni e fino a che l’Inps non versasse loro la pensione. L’innalzamento dell’età di pensionamento della riforma Fornero ha reso questo passaggio non più automatico lasciando migliaia di persone senza lavoro e senza pensione.
È ovvio a tutti che questi lavoratori vanno aiutati. Il punto è come finanziare l’aiuto senza deprimere la domanda interna. La commissione lavoro della camera ha votato un emendamento alla legge di stabilità volto a finanziare le pensioni degli “esodati” attraverso l'innalzamento dell’Irpef per chi guadagna più di 150mila euro. Questa scelta è contraria al principio condivisibile della riforma Fornero: il sistema pensionistico deve essere equo, cioè trattare egualmente persone con carriere simili, e sostenibile, cioè capace di generare le risorse per erogare tutte le pensioni. Per mantenere questi principi e garantire l’equità non alziamo l’Irpef ma applichiamo invece i contributi sociali anche ai redditi superiori ai 93mila euro. Pagherebbero comunque i più abbienti ma senza rimuovere il principio base del sistema pensionistico: sono i contributi che pagano le pensioni, non le tasse una tantum.
Andiamo con ordine. Gli “esodati” sono lavoratori che si sono licenziati per un impegno del datore di lavoro di pagarli senza che lavorassero, versare i contributi per un periodo da pochi mesi a due anni e fino a che l’Inps non versasse loro la pensione. L’innalzamento dell’età di pensionamento della riforma Fornero ha reso questo passaggio non più automatico lasciando migliaia di persone senza lavoro e senza pensione.
È ovvio a tutti che questi lavoratori vanno aiutati. Il punto è come finanziare l’aiuto senza deprimere la domanda interna. La commissione lavoro della camera ha votato un emendamento alla legge di stabilità volto a finanziare le pensioni degli “esodati” attraverso l'innalzamento dell’Irpef per chi guadagna più di 150mila euro. Questa scelta è contraria al principio condivisibile della riforma Fornero: il sistema pensionistico deve essere equo, cioè trattare egualmente persone con carriere simili, e sostenibile, cioè capace di generare le risorse per erogare tutte le pensioni. Per mantenere questi principi e garantire l’equità non alziamo l’Irpef ma applichiamo invece i contributi sociali anche ai redditi superiori ai 93mila euro. Pagherebbero comunque i più abbienti ma senza rimuovere il principio base del sistema pensionistico: sono i contributi che pagano le pensioni, non le tasse una tantum.
Filippo Taddei è professore alla Johns Hopkins University
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