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martedì 4 dicembre 2012

Gli esodati trascinano Elsa Fornero in Tribunale

Gli esodati trascinano
Elsa Fornero in Tribunale

Traditi, vessati e beffati. Così si sentono e così si descrivono gli esodati. Che non ci stanno e passano all’attacco. «Naufragata in Parlamento l’ultima possibilità di mettere al riparo i 260 mila lavoratori che ancora sono rimasti fuori dalle salvaguardie messe in campo dal governo», annunciano azione legale nei confronti proprio del ministro del Lavoro Elsa Fornero. Per questo a fine novembre hanno dato mandato allo studio legale Alleva di Bologna di denunciare il ministero del Lavoro e chiedere il risarcimento per danni morali e mobbing sociale.
«Richiederemo un modesto risarcimento del danno patito che verseremo nelle casse di una Associazione senza scopi di lucro, che stiamo costituendo, e che avrà principalmente lo scopo di sostenere le famiglie dei colleghi che rischiano di essere ridotti all’indigenza da questa iniqua ed ingiusta riforma».
La notizia è riportata sullo status della pagina Facebook del gruppo «I nuovi quindicenni», che insieme al Comitato Nazionale Contributori Volontari è passato al contrattacco.
«Contro di noi si è creato un vero e proprio accanimento da dodici mesi a questa parte. Ora basta», spiega Francesco Flore, del Comitato Contributori Volontari, la fetta di lavoratori che, avendo sottoscritto accordi individuali con le proprie aziende, ha lasciato il proprio impiego continuando a versare autonomamente i contributi per raggiungere la soglia fissata prima della riforma Fornero. Solo una parte di quelli che, genericamente, vengono definiti “esodati”. «Ma siamo quelli che abbiamo subito più pesantemente gli effetti della riforma. Dietro di noi non ci sono sindacati o associazioni che fanno pressing sul governo».
Secondo la fotografia qui scattata, numericamente i contributori volontari sono più o meno la metà della platea ancora in attesa della salvaguardia. Si parla di circa 130mila lavoratori, «al netto dei 20 mila coperti dalla Legge 214/2011 (“Salva-Italia) e dalla L. 135/2012 (“Spending Review”). Una quota minima su un totale di circa 130.000 persone a cui è stato garantito di andare in pensione con le regole pre riforma».
E’ un anno che «viviamo in un clima di incertezza e con l’impossibilità di programmare il nostro futuro. Non sappiamo di che morte morire, e questo non può che crearci ansia , depressione. Vorrei vedere un ministro vivere una situazione del genere», dice ancora Flore. Ecco allora che i comitati hanno deciso di passare alle vie legali. E lo studio bolognese al quale si sono rivolti è lo stesso che ha difeso i lavoratori Fiom licenziati a Pomigliano e ne ha ottenuto il reintegro.
Secondo il Comitato, non c’è solo la riforma Fornero ad affossare la situazione: centrale anche «il decreto ministeriale del 1 giugno 2012 che fissa nuovi paletti, molto più rigidi, e che sbarra la strada a molti contributori».
E i «Quindicenni»? Rappresentano un’altra categoria che sta pagando la riforma: sono in 65mila, secondo le stime non ufficiali dell’Inps, e sono coloro che «hanno lasciato il lavoro prima del 1992, grazie a una serie di deroghe previste dalla legge Amato 503, e che consentiva a chi avesse versato 15 anni di contributi prima del 1992 (o avesse ricevuto entro la stessa data l’autorizzazione a versare i contributi volontari), di incassare a 60 anni – per le donne – e 65 – per gli uomini – una pensione di vecchia propozionale a quanto versato».
La circolare dell’Inps n°35, pubblicata a marzo, ha imposto regole più restrittive per queste deroghe, imponendo il versamento di almeno 20 anni di contributi, costringendo chi ormai da molti anni è fuori del mercato del lavoro a rientrare o a versare le quote mancanti. «Sono cifre impossibili da sostenere – spiega Evelina Rossetto, del comitato “I Quindicenni” - sono per la maggior parte donne, che hanno lasciato il lavoro dedicandosi a lavori casalinghi e facendo le veci – nei fatti – dello Stato, realizzando una sorta di Welfare supplettivo. Non hanno da parte 30-40 mila euro da versare per ottenere ciò che una norma aveva già previsto spettasse loro. E non è nemmeno possibile riavere indietro quanto versato. Diventano contributi silenti, persi per sempre».
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