IL MODO MIGLIORE PER CORREGGERE UNA STORTURA
GENERATA DA UNA NORMA DEL 2010
Articolo di Tito Boeri pubblicato su la
Repubblica del 29 novembre 2012
E’ tempo di porre fine a una grave ingiustizia, quella delle cosiddette
“ricongiunzioni onerose”. Ci riferiamo ai costi altissimi (in taluni casi si
superano i 300.000 euro) imposti a chi vuole mettere insieme contributi versati
a enti diversi (ad esempio Inps e Inpdap), come se fossero stati versati ad un
unico fondo, ai fini del calcolo della propria pensione. Si tratta di una norma,
bene sottolinearlo, sulla quale il presente governo non ha alcuna
responsabilità. Fu infatti introdotta di soppiatto da Giulio Tremonti per
ridurre il ricorso alle pensioni di anzianità, con un accorgimento opaco quanto
odioso: il ricongiugnigimento avrebbe infatti permesso a molti lavoratori,
soprattutto nell’ambito del sistema a quote precedente la riforma Fornero, di
andare in pensione prima. Invece di intervenire sulle pensioni di anzianità, il
Ministro Tremonti aveva ritenuto di rendere oltremodo costoso il
ricongiungimento, venendo così a colpire tutti i lavoratori che hanno carriere
discontinue. Particolarmente colpite le donne che subiscono frequenti
interruzioni di carriera in corrispondenza dei periodi di maternità. Si tratta
di una grave ingiustizia perchè introduce una differenza di trattamento tra
lavoratori con stessa età e stessi contributi versati a seconda che questi siano
su un unico fondo piuttosto che su più fondi.
La riforma delle pensioni del
dicembre 2011 non ha rimosso questo iniquo provvedimento. Peccato perchè è in
palese contraddizione con il principio, ribadito più volte in sede di
approvazione della riforma del mercato del lavoro, secondo cui è opportuno oggi
favorire una maggiore mobilità del lavoro. E’ inoltre incongruente con
l’integrazione di Inpdap e Enpals nel super-Inps decisa da questo esecutivo.
Sulle scelte contraddittorie del Governo ha pesato, probabilmente, la
valutazione della Ragioneria dello Stato secondo cui la rimozione della norma
sarebbe costata quasi 2 miliardi e mezzo, rimangiando una parte consistente dei
risparmi della riforma pensionistica. Il problema, come si è detto, è che per
molte persone il ricongiungimento consentirebbe l’accesso alla pensione in via
anticipata rispetto all’età di vecchiaia. Quindi l’eliminazione dell’onerosità
della ricongiunzione costa allo Stato non solo e non tanto a causa del venir
meno dei pagamenti oggi in essere e in virtù delle pensioni più alte che si
dovrebbero liquidare a chi totalizzasse i contributi, ma soprattutto perché si
alzerebbe immediatamente il numero delle pensioni erogate per via del
pensionamento anticipato dei lavoratori messi in grado di ricongiungere
versamenti su fondi diversi.
La soluzione dovrebbe essere quella di rendere
possibile la ricongiunzione senza onere alcuno per chi ne fa domanda, ma solo
dopo aver raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia. Per chi volesse
andare in pensione prima dovrebbe invece essere concesso di cumulare i
contributi versati a partire dal compimento dei 63 anni di età, applicando a
questi il metodo contributivo, come già oggi previsto dall’istituto della
“totalizzazione”. In questo modo si andrebbe verso il ripristino di una parità
di trattamenti fra diverse generazioni di lavoratori, senza aggravi eccessivi
per i conti previdenziali (i costi non dovrebbero superare qualche centinaio di
milioni).
Le pensioni sono materia delicata perchè basate su di un patto
intergenerazionale. Per questo il perseguimento dell’equità è così importante:
serve a cementare, a rendere credibile, il patto. La stessa Ragioneria dello
Stato dovrebbe tenere conto del fatto che i trucchi per ottenere risparmi
contabili possono, a lungo andare, produrre effetti opposti a quelli
preventivati perchè danno un segnale di assoluta arbitrarietà delle norme al
contribuente. Siamo sicuri che un Ministro assai competente in materia come
Elsa Fornero vorrà dunque porre rimedio a questa ingiustizia prima della
scadenza del suo mandato senza porre ulteriori rattoppi. Analoga attenzione, ci
permettiamo di suggerirle nel modificare l’indicizzazione delle pensioni. Non si
può pensare di fare cassa per affrontare il problema degli esodati, bloccando
nuovamente l’indicizzazione delle pensioni per alcune categorie di quiescienze.
Se si ritiene che la spesa per i trattamenti già in essere sia incompatibile con
il processo di consolidamento fiscale, meglio semmai cambiare le regole di
indicizzazione per tutti e una volta per tutte, ad esempio legandole
all’andamento del monte salari, che rappresenta dopotutto la base fiscale, la
massa di denaro da cui vengono raccolti i soldi per pagare le pensioni. Sarebbe
un modo di legare più strettamente le sorti dei pensionati a quelle dei
lavoratori, chi oggi riceve dopo aver pagato per molti anni e chi oggi paga
augurandosi di venire un domani trattato allo stesso modo.
(Leggi)
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