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giovedì 9 maggio 2013

Lavoratori esodati, salvaguardati, da salvaguardare, bloccati...

Seduta alla camera dell'8 maggio 2013 (video)
A seguito dell’interrogazione dell’on. Ragosta (SEL), ecco la risposta di ENRICO GIOVANNINI,
Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Signor Presidente, gli onorevoli interroganti pongono l’accento su una questione di assoluta centralità per l’Esecutivo in quanto coinvolge interessi e valori vitali per l’individuo e in quanto evidenzia una situazione di forte disagio e allarme sociale di cui lo Stato e, per esso, il Governo e, per esso, il Ministro non può in alcun modo disinteressarsi, anzi per il quale sentiamo una vicinanza particolarmente forte. È noto – è stato ricordato proprio dagli onorevoli interroganti – che la necessità di una soluzione di tipo strutturale al problema dei lavoratori cosiddetti salvaguardati o ancora da salvaguardare è stata indicata come prioritaria dal gruppo di lavoro nominato dal Capo dello Stato di cui ho avuto l’onore di far parte e, in seguito, dal Presidente del Consiglio nel suo discorso per la fiducia al Parlamento. Molto clamore ha destato negli ultimi mesi l’incertezza sui numeri esatti del fenomeno che è stata ricordata dagli onorevoli interroganti. Proprio per questo ritengo che sia necessario operare una prima distinzione senza la quale il rischio di fraintendimenti e mancanze di chiarezza rischia di perpetuarsi. I lavoratori cosiddetti esodati sono coloro che risultano espulsi dal sistema produttivo e bisognosi di misure di salvaguardia in termini di requisiti e di accompagnamento alla pensione, qualora gli strumenti di sostegno al reddito non consentano di garantire loro una tutela anche minima, fino al raggiungimento del diritto a pensione entro un termine ragionevole, generalmente 24-48 mesi.
Vi è, poi, una seconda categoria che sono i cosiddetti lavoratori bloccati, che interessa coloro i quali sono coinvolti da processi di ristrutturazione, ma non sono ancora espulsi dal mercato del lavoro. Questi soggetti sono lavoratori a tutti gli effetti nel senso che continuano a svolgere la propria attività di lavoro ancorché talora per l’impresa rappresentino solo un peso economico. Si impone, poi, un secondo chiarimento concettuale: nel dibattito corrente vi è spesso associata la categoria dei lavoratori cosiddetti esodati all’entrata in vigore della riforma pensionistica. In realtà, l’esodo dei lavoratori dal mondo lavorativo è un dato strettamente collegato alle dinamiche economiche e alle scelte delle imprese e non necessariamente alle norme in materia pensionistica. La normativa pensionistica interviene, tuttavia, sulla posizione di tali lavoratori quando decide, con misure più o meno incisive, di farsi carico, per un periodo di tempo più o meno lungo, del periodo di transizione di tali lavoratori dal mondo del lavoro allo stato pensionistico attraverso apposite misure di salvaguardia. Ecco perché ritengo più esatto parlare di lavoratori salvaguardati. La complessità dei fenomeni di cui ci occupiamo è stata acuita dal fatto che la riforma pensionistica del 2011 non ha previsto meccanismi di transizione verso il nuovo regime e che ciò ha determinato viva preoccupazione in importanti e larghe fasce di lavoratori. Tuttavia, il tema delle pur comprensibili preoccupazioni connesse con l’andata a regime della riforma pensionistica resta oggettivamente distinto rispetto al tema, che oggi viene in rilievo, delle più adeguate forme di salvaguardia da approntare in favore dei lavoratori richiamati dagli onorevoli interroganti. Ad ogni modo, devo comunque confermare che l’esatta delimitazione del fenomeno e l’individuazione degli strumenti giuridici, amministrativi e finanziari per la sua soluzione, non solo rappresentano assoluta priorità del Governo, ma è stata la prima priorità alla quale ho dedicato personalmente attenzione e sulla quale credo avremo a brevissimo delle risposte più certe.


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