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martedì 13 ottobre 2015

Mancano 1,7 miliardi per salvare tutti gli esodati

Mancano 1,7 miliardi per salvare tutti gli esodati
Rinviato al 2016 il nodo pensioni, esplode la rivolta dei sindacati
paolo baroni - roma

Rinviare al 2016 il nodo pensioni non aiuta a risolvere i problemi, che invece di qui ai prossimi mesi rischiano di moltiplicarsi. Tant’è che il giorno dopo l’annuncio tv di Renzi i sindacati sono in rivolta. «E’ sbagliato rinviare la scelta e pensare che si tratti di qualche aggiustamento emergenziale, scaricando gli oneri sui lavoratori» sostiene Susanna Camusso (Cgil). «Errore gravissimo», conferma la Uil. Molto critico anche il segretario della Cisl, Annamaria Furlan: «Vogliamo capire se per il governo che ha fatto tante ipotesi e chiuso e riaperto più volte, questa è una cosa seria o se sono solo annunci a seconda degli spot televisivi che poco importano agli italiani».

IN 50MILA SENZA TUTELA
Ma se sulla flessibilità in uscita il premier ha promesso che la soluzione arriverà «nel 2016 solo quando avremo i numeri chiari», Renzi ha anche spiegato che il problema più specifico degli esodati sarà risolto con una settima salvaguardia. Anche in questo caso, però, i conti non tornano. Spiega Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera: «In base ai dati dell’Inps sappiamo che ci sono ancora circa 50mila esodati che devono essere compresi in una nuova salvaguardia. La nostra proposta prevedeva di utilizzare i risparmi conseguiti nel 2013, 2014 e 2015 sulle sei precedenti salvaguardie, in tutto circa 1 miliardo e trecento milioni di euro, ovvero 800 milioni di economie riferite al 2015 e circa 500 relativi agli altri due anni precedenti. Una cifra che secondo i nostri calcoli avrebbe consentito di salvaguardare circa 22mila persone. Adesso non so se Renzi intenda la stessa cosa». Di certo per arrivare a tutelarne 50mila mancano un bel po’ di soldi, all’incirca 1,7 miliardi.

OPZIONE DONNA NEL LIMBO
Resta poi da affrontare la questione delle donne. In questo caso i problemi sono due: con la fine anno scade infatti l’«Opzione donna», una misura che consente alle lavoratrici con 35 anni di contributi versati di andare in pensione anticipata a 57 anni e tre mesi di età, se dipendenti, e a 58 anni se autonome, al prezzo di rinunciare alla parte retributiva dell’assegno previdenziale, a fronte di una riduzione media del 25-30%. E dall’altro, col primo gennaio, entra in vigore un nuovo maxi-scalone in base al quale le donne che lavorano nel comparto privato vedranno aumentare l’età pensionabile dai 63 anni e 9 mesi del 2015 ai 65 anni e 7 mesi del 2016, mentre le lavoratrici autonome passeranno dai 64 anni e 9 mesi del 2015 ai 66 anni e 1 mese nel 2016. In pratica dovranno di colpo lavorare tutte quasi due anni in più. È evidente che si tratta di due eventi che sommati uno con l’altro rendono ancora più delicata, se non esplosiva, la situazione.

DAMIANO: ECCO QUI I CONTI
Nelle intenzioni del governo, anche se Renzi domenica sera da Fazio non è stato chiarissimo, l’Opzione donna dovrebbe venire ricompresa nel piano più complessivo di cui si discuterà a primavera. Damiano non è dello stesso parere: a suo giudizio, infatti, si dovrebbe comunque procedere riconfermando la misura in scadenza, «perché si tratta di un provvedimento che non necessità copertura. Bisogna solo correggere una circolare dell’Inps eccessivamente restrittiva. Poi se Renzi vuole i conti precisi sulla flessibilità in uscita io ce li ho già pronti: lui parlava di concedere un anticipo di 2 anni sull’età delle pensione, mentre io ne propongo al massimo 4, con un taglio del 2% annuo. E se è vero che nei primi 4 anni ci sono dei costi maggiori è anche vero che in quelli successivi c’è un risparmio, perché chi lascia prima avrà un assegno decurtato per tutta la vita. Se calcoliamo che in media si vive sino a 85 anni abbiamo infatti 4 anni di costi in più e 19 di risparmi».

IL PRESSING DEI SINDACATI
I sindacati insistono perché le misure sulle pensioni vengano inserite nella legge di stabilità: «Sarebbe un segnale importante – sostiene Furlan – per imprese, giovani e tutti i lavoratori». È infatti opinione di molti che favorire l’uscita dal lavoro o dalla disoccupazione con penalizzazioni equilibrate, significa non accrescere l’esercito dei nuovi poveri ed in parallelo, con il turnover che si attiverebbe, favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
(Leggi)
 

2 commenti:

  1. governanti? non c'e' da meravigliarsi ,sono solo dei ladri ,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,

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  2. renzi=ciarlatano buffone

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