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martedì 3 luglio 2012

Quattromila gli esodati in Sardegna

Quattromila gli esodati in Sardegna
L’Inps sostiene di non aver dati certi, sono i sindacati a ricostruire la mappa di chi è stato beffato dal ministro Fornero
di Umberto Aime
Il censimento migliore è possibile incrociando i dati di Cgil e Cisl, che dichiarano una popolazione di esodati fra i tremila massimo quattromila ex lavoratori. La differenza sta tutta negli accordi, con incentivo, firmati a suo tempo nelle aziende private. «Sono diversi e persino troppi – dice Luigi Polastri dell’Inca-Cgil – perché c’è stato un momento in cui le imprese hanno pescato a piene mani e non sempre bene nel pozzo di quel provvedimento, la Legge Maroni, che le autorizzava a ridurre al massimo il costo del personale, per uscire dal tunnel delle crisi aziendale, o rendere possibili le ristrutturazioni-salvataggio».
Il discorso va chiarito ancora meglio. Quei dipendenti hanno scelto di lasciare in anticipo il lavoro, pur non avendo ancora l’età minima per la pensione, dopo aver ricevuto incentivi dalle aziende. Spesso economici e dunque destinati a coprire le spese familiari fino al giorno del passaggio definitivo nell’anagrafe dell’Inps, o altre volte hanno ottenuto in cambio l’assunzione dei figli. Cos’è accaduto poi? Che con lo spostamento in avanti dell’asticella-pensione, quello che doveva accadere entro due o tre anni rischia adesso di diventare un traguardo irraggiungibile, soprattutto perché nel frattempo l’incentivo è finito e, in alcuni casi, persino le assunzioni dei figli, sempre e solo a tempo determinato, non sono state rinnovate. Insomma, una beffa su tutti i fronti.
Il caso Sardegna. Per i sindacati, a trovarsi in questa drammatica situazione sono almeno 325 ex dipendenti delle Poste, con un centinaio che «sarebbero tagliati fuori anche dalle ipotesi di reintegro in altri enti pubblici». Poi ci sono i 400 degli istituti di credito, soprattutto ex Cis ed ex Banco Napoli tagliati, col consenso dei diretti interessati, subito dopo il passaggio delle due banche sotto l’ombrello della «Banca di Credito sardo», inserita a sua volta nel gruppo nazionale «Banca Intesa-San Paolo». Sempre bancari sono un centinaio di ex dipendenti del Banco di Sardegna, convinti ad abbandonare il posto dall’azionista di maggioranza, la Banca popolare dell’Emilia. Enel e Telecom sono altre due aziende nazionali che hanno sulle spalle un bell’esercito di esodati. In Sardegna, sono 250 quelli delle comunicazioni, 300 gli elettrici.
Il lungo elenco prosegue con diverse imprese regionali: 140 sono dell’Arst, 350 quelli della formazione professionale, dopo il dimagrimento voluto dalla giunta Soru, 250 appartengono al settore tessile, in particolare della Legler, e altri 250 sono ex Montefibre.
Altri settori carichi sono quelli della chimica, sono 500, in gran parte del polo di Porto Torres, delle miniere e del metallurgico, intorno ai 300 fra ex Scaini ed ex Bridgestone, e anche i 200 delle costruzioni. Il censimento proseguecon i 200 della Sirti e delle Sielte, ex appalti Telecon, e altri 100 sono del settore Servizi. La conta finale sfiora così i quattromila, che come dice il segretario della Cisl, Giovanni Matta, «sono tutti su un ottovolante che gira in maniera vorticosa, non si quando sarà fermato e soprattutto quanti di quei passeggeri saranno messi al sicuro».
Il sindacato continua a pretendere dal governo soluzioni chiare, ma le ipotesi di queste ore sono troppo confuse, tanto che Lugi Polastri della Cgil dice sconfortato: «Ai nostri sportelli è in un via vai ininterrotto di ex lavoratori disperati». E purtroppo per loro anche esodati.
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