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lunedì 12 novembre 2012

L’esodo degli esodati

12.11.12
L’esodo degli esodati
Nell'Italia post-berlusconiana Silvio Foini ci racconta in chiave satirica l'esodo biblico

Or avvenne che nell’Italia post-berlusconiana in molti lavoranti si trovaron a spasso, avendo la sovrintendente Phornerus teso loro un vil tranello: “Vai in pension che molto è bello!”. Costoro andarono in pensione ma mal gliene incolse: l’arcigna Phornerus fece una pernacchia e di pension non vi fu mai traccia. I lavoranti ignudi e malnutriti rivolsero allora preghiera al Signore dei pensionati che li ascoltò: mandò un uomo il cui nome era Giuseppe e che era venuto a nuoto dallo stretto. Costui vestito di molti gran capelli promise mari e monti ai poverelli: “Andate fra le genti e predicate la bella novella: presto io Monti getterò da sella e quando assiso alfine in Parlamento, farò del vostro cuor un cuor contento!”.
Essi andarono benedicendo Giuseppe e, siccome erano legioni, spettavan loro un sacco di milioni. Giunsero a Roma e si sederon per terra come fosser in attesa de na guerra. Il Governante in capo, ex faraone, li osservava dall’alto del balcone: “Che mai vorranno dal gran bocconian di scienza?”. Gli rispose il sovrintendente alle pensioni Phornerus: “Voglian la grana gran mogol. Io l’avea promessa e poi buttata in fonte...”. “Bene facesti amica mia Befana. Tornino dunque all’opera loro e non mi scassassero. I granai sono vuoti. C’è la carestia figlia mia”. “Meno male che ce l’hanno solo loro! Noi stiam benone e non ce ne fotte niente manco del loro Giuseppone”.
I lavoranti appresa la notizia si rammaricarono di tanta avarizia e convocato lo loro Giuseppone gli dissero: “E mo che facciamo? Quelli non sganciano il granone!”. Giuseppe disse loro: “Andate e attendete. Il Signore dei quasi pensionati manderà tremende piaghe sul popolo dei governanti”. Quelli risposero: “Dove andiamo Giuseppe?”. Rispose loro: “A ramengo! Dove volete andare?”. Poi si allontanò da loro saltando come un Grillo a li lasciò agli amari casi loro.
I quasi pensionati se ne tornarono alle case, su cui gravava imminente la falce dell’IMU, con la tristezza nel cuore. Trovarono da mangiare solo pane azzimo preparato senza lievito dal fornaio, che non c’aveva i soldi per comprarlo, e poi andarono a dormire. Quella notte su Roma si scatenò l’ira d’Iddio tal quale l’aveva promessa il ligure Giuseppe: sui palazzi della politica stormi di cammelli volanti giunti dal medio oriente lasciarono cadere silenziosamente tonnellate di liquami solidi e liquidi; zanzare da due chili l’una decollate dalla base NATO in Siria sfondarono i vetri delle finestre delle stanze ove i poco onorevoli dormivano dopo lauti banchetti e li punsero quasi a morte e prima di andar via arraffarono ostriche e bottiglie di pregiati vini e se ne tornarono a casa sghignazzando.
Il mattino dopo quella gran tregenda si levaron dai letti gonfi e pesti e aprirono i rubinetti per lavarsi le ferite e i ponfi ma al posto dell’acqua scese maleodorante liquido giallo lasciato dai cammelli. Apriron le finestre per godersi il panorama di Roma bella ma si trovaron a rischio delle cervella: un mare di cacca stava per affogarli. “Maledetti cammelli! - esclamò vomitando la Befana delle pensioni - Telefonerò all’uomo del Monte affinché acconsenta alle pensioni”. Il grande capo rispose affermativamente dicendo: “Mi rifugerò sugli alti Monti e fuggirò da ‘sto casino puzzolente. Che fai Phornerus, verrai meco?”. Quella consentì di buon grado piangendo suo solito costume.
Giuseppe allora aprì i granai e seguito dal suo popolo s’incamminò per nuove e liete strade, là dove i pensionati sono felici e si cuccano ognuno 5.000 euro al mese esentasse. L’Italia rimase quasi deserta dopo l’esodo degli esodati, con fatica enorme si ripose sulla strada del proprio millenario cammino. Ora Berlusca era tornato a regnare incontrastato: “ Mi consenta popolo mio: son meglio ancora io, no? Andiamo a festeggiar. Siamo liberi da orpelli di Monti, Grillo, Bersani e tutti quelli dalle lunghe mani”. E la storia si ripeté poi per molti anni ancora...
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